La rubrica «Nuovi Orientamenti» contiene tutti gli articoli che ho avuto l’onore di scrivere per l’omonima rivista, nata da un’idea del 1979 di diversi Soci fondatori, tra i quali il prof. Raffaele Macina. La collaborazione ha avuto inizio nel 2021, prima limitatamente alla grafica e alla fotografia per poi completarsi come «autore», con il n. 177 (Anno XLIII, novembre 2021) a partire dal quale, su invito della direzione, ho cominciato a scrivere su temi diversi. Il primo articolo, sulla figura di Tommaso Di Ciaula dal titolo «Modugno presente al Bif&st con Tommaso Di Ciaula «eroe solitario» fino ad arrivare ai giorni nostri. È una collaborazione che porto nel cuore, perché mi ha permesso di esprimere le mie idee, di confrontarmi con nuovi punti di vista e di crescere, articolo dopo articolo, grazie anche agli amici della redazione. A questa esperienza ho sempre dedicato impegno, tempo e passione: elementi che considero fondamentali ogni volta che mi affido alla scrittura. Condividere le mie riflessioni all’interno della rivista è stato, e continua a essere, un privilegio che vivo con gratitudine e profonda disponibilità. Questa rubrica nasce, quindi, come uno spazio dove custodire e ripercorrere quel cammino. Un luogo semplice, sincero, dove ritrovare pensieri, intuizioni e piccoli segnali che, nel tempo, hanno contribuito a orientare il mio modo di osservare il mondo.

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I miei articoli pubblicati sulla rivista

(In ordine cronologico di pubblicazione)


MODUGNO PRESENTE AL BIF&ST:  CON
TOMMASO DI CIAULA “EROE SOLITARIO”


Marco Pepe

 

Nuovi Orientamenti, n. 177 - novembre 2021

 

Il Bif&st – Bari International Film Festival è diventato uno dei più importanti eventi cinematografici italiani grazie ai contenuti di alto valore culturale. L’edizione di quest’anno ha potuto disporre, oltre che del Teatro Petruzzelli e del bellissimo Teatro Piccinni, anche del Teatro Kursaal, restituito alla Città di Bari dopo circa dieci anni di chiusura, per restauro. L’edizione 2021 si è tenuta a Bari dal 25 settembre al 2 ottobre, presso i migliori Teatri della Città facendo registrare una notevole affluenza di pubblico, malgrado le limitazioni legate al Covid. Tra gli eventi cinematografici in rassegna quello che ci riguarda, con una punta di orgoglio, è “il film - non film” sulla vita di Tommaso Di Ciaula, “Tommaso blu” [produzione italo – tedesca del 1987] – regia di Florian Furtwängler, nipote del grande direttore d’orchestra tedesco Wilhelm Furtwängler, con la magistrale interpretazione di Alessandro Haber, quale attore protagonista nel ruolo di Tommaso, un operaio del Sud. Il film avrebbe dovuto chiamarsi “Tuta blu” - come il titolo del libro che Tommaso Di Ciaula aveva scritto nel 1978 per Feltrinelli [Collana franchi-narratori] dal titolo completo “Tuta blu. Ire, ricordi e sogni di un operaio del Sud”, ma l’omonimia con il titolo inglese Blue Collar (TUTA BLU) di Paul Schrader (1978), determinò la modifica del titolo in “Tommaso blu”. Il 25 settembre scorso al Teatro Piccinni, nell’ambito della rassegna 2021, è stato presentato il film “Tommaso blu”, commentato dal regista, sceneggiatore ed attore David Grieco, già assistente di Bernardo Bertolucci e Pier Paolo Pasolini. Il contesto è determinante per capire gli eventi ed è per questa ragione che per introdurre l’argomento il relatore spiega come il regista tedesco, all’epoca, sia rimasto impressionato dal romanzo italiano di Tommaso Di Ciaula, pubblicato nel 1978. Sono anni difficili, sono gli anni del terrorismo che culminarono nel rapimento e l’uccisione dell’on. Aldo Moro e della sua scorta [9 maggio 1978]; epoca caratterizzata da eventi criminosi nell’ambito dei quali, una distorta dialettica politica, generò scontri di piazza, lotta armata e terrorismo.

Il film si colloca in quegli anni con la storia romanzata del suo autore, Tommaso Di Ciaula, ritenuto un fenomeno letterario, prima come poeta [nel 1970 con “Chiodi e rose”] – e poi come scrittore [nel 1978 con il romanzo “Tuta blu”] che, già all’epoca, raccontava in modo esplicito “l’insopportabilità della condizione operaia”. Una condizione che, oltre a costituire il racconto del film, influirà notevolmente sulla sua vita, dal momento che determinerà in lui un forte desiderio di ritornare alla terra, fino a voler assumere la condizione animalesca e, più precisamente, quella di un cane.  Dopo l’introduzione viene presentato   al pubblico Davide Di Ciaula, figlio di Tommaso che, visibilmente emozionato, sale sul palcoscenico accompagnato dagli applausi. Davide inizia il suo intervento partendo dalle fortune del libro, spiegando che la collana dei “franchi narratori” di Feltrinelli [alla quale “Tuta Blu” appartiene] è una collana in cui gli autori non erano scrittori professionisti ma semplici autori che raccontavano vicende di vita vissuta, spesso molto forti, come ad esempio “Padre padrone” da cui è stato tratto il film, selezionato al Festival di Cannes e vincitore della Palma d’Oro nel 1977.

Tuta blu, continua Davide, si rivelò una grande avventura letteraria che fece registrare, nel 1978, un grande successo che lui stesso, come figlio, avvertì in maniera evidente a differenza del film che, invece, gli apparì come un fenomeno dai contorni nebulosi. Alla domanda sul come avvenne il ritrovamento di una copia Davide risponde definendo la circostanza come un “ritrovamento archeologico” poiché dopo la morte del padre, nel corso di una ricognizione del materiale lasciato nel suo archivio, ritrovò la copia del film in DVD, nella versione in tedesco.  L’emozione di tale ritrovamento assolutamente casuale traspare nel racconto, come lui stesso spiega; si trattò di un evento che finalmente pose fine alla sua ricerca: era stato esaudito il suo “desiderio più grande”. Il film “Tommaso blu” ha una storia   che ha vissuto due momenti distinti, nel senso che vi fu un primo tentativo di produzione messo in atto grazie all’amicizia che legava Tommaso Di Ciaula e Nico Cirasola, regista e attore di Gravina in Puglia; le scene furono girate tra le campagne di Modugno, Palo del Colle ed il lungomare di Bari.  Questo primo tentativo vede il coinvolgimento di diversi attori baresi, come Carmela Vincenti, [nel ruolo della moglie di Tommaso], Teodosio Barresi [nei panni del papà di Tommaso] e la partecipazione al progetto anche di alcuni Gruppi teatrali come l’”Anonima GR”.  In quegli anni Tommaso e Nico si prodigarono nel disperato tentativo di reperire i fondi necessari per la produzione completa del film girato con riprese amatoriali. I due, finalmente, ottennero un contributo che incoraggiò il loro sogno che si infranse sulle perplessità di alcuni direttori di produzione.  Il progetto, quindi, non fu portato a termine anche se, successivamente, Nico Cirasola riuscì a realizzare un videoclip, di circa mezz’ora, prodotto negli studi televisivi di una nota emittente regionale. Quel video venne presentato al Festival internazionale del cinema di Berlino dove il regista tedesco, Florian Furtwängler, dopo averlo visto, restò piacevolmente colpito da decidere di realizzare, qualche anno dopo, il film dal titolo “Tommaso blu”, affidando il ruolo di attore protagonista ad Alessandro Haber.    

Davide racconta l’incontro avuto a Bari, in tempi successivi, con l’attore protagonista durante il quale Haber svelò che, malgrado la produzione non fosse particolarmente importante, per lui quell’interpretazione rappresentasse una delle più significative della sua carriera, tanto da fargli conseguire il premio come migliore attore protagonista al festival di Taormina. Tommaso Di Ciaula viene definito dal regista David Grieco come un “eroe solitario”, una persona che parte dalla terra per approdare in fabbrica dove scopre l’insopportabilità della condizione operaia, peraltro già rappresentata dal film “La classe operaia va in paradiso” del 1971, diretto da Elio Petri, vincitore per il miglior film al Festival di Cannes [1972] e da “Tempi moderni” [1936], diretto dal grande Charlie ChaplinFu proprio quell’intolleranza a spingere Tommaso ad abbandonare la fabbrica quando Davide aveva dodici anni e viveva con la mamma per via della separazione in corso. Davide prova ad immaginare ed a raccontare il travaglio vissuto dal padre per aver lasciato la fabbrica, subordinando così il proprio futuro ai dubbi proventi dell’attività letteraria appena intrapresa. Mentre Davide esprime queste considerazioni si accorge della presenza in platea dell’attrice Antonella Porfido, e subito la invita a fornire il proprio contributo sulla figura del padre e, in particolare, sugli aspetti legati al film che lei interpretò nel ruolo della prostituta alla quale Tommaso affida le sue considerazioni, dopo un rapporto sessuale.  L’attrice, che oggi si occupa di teatro, definisce quella esperienza cinematografica molto importante, confessando al pubblico di non aver mai visto il film, se non adesso, dopo circa quarant’anni, cioè la prima volta al Bif&st di Bari. 

Il suo ricordo di Tommaso è quello di una figura “abbastanza complessa” molto simile agli anni in cui si girava il film in piacevole compagnia della troupe tedesca impegnata nelle riprese.  Ulteriore toccante esperienza, prima della proiezione, è la testimonianza di un gruppo di ex Colleghi di fabbrica, presenti in sala. La testimonianza è affidata ad uno di loro che conferma la natura “indomabile” del carattere di Tommaso. Gli applausi del pubblico accompagnano la commozione che scaturisce dal ricordo di una vita lasciando spazio, con la complicità delle luci che si abbassano, alla proiezione del film.   Le prime immagini, non molto definite, si presentano come fosse un filmato amatoriale, introducendo lo spettatore in un contesto di familiarità e di ricordi come quelli legati ad una festa di paese di altri tempi e, più in particolare, ad una processione religiosa. Per un modugnese come me, si è trattato di un vero e proprio “agguato emozionale”, perché le scene documentano una delle processioni di San Rocco, dove si intravedono persone legate alla nostra Città: un nome per tutti Vituccio, l’indimenticabile personaggio con cappello e fiore sempre fresco, all’occhiello di una giacca abbondante e che, nel film, recita una piccola parte nel ruolo di se stesso. Le immagini scorrono, partendo dalla vita del giovane Tommaso accompagnato dal padre presso un’officina meccanica per essere avviato nel mondo del lavoro, come operaio. In alcuni tratti il film presenta aspetti molto forti che, probabilmente, saranno stati considerati moralmente scandalosi quando all’epoca furono girate le scene.  È chiara la volontà di documentare la complessità del personaggio e del travaglio, che lo ha visto prima sognare il lavoro in fabbrica, per poi ripudiarlo con tutte le sue forze [maledetta fabbrica eppure l’avevo tanto sognata], fino a volersi ricongiungere disperatamente con la terra e le sue origini contadine. Il culmine di tale condizione è la scena in cui in fabbrica, Tommaso, viene colto da una crisi nervosa.

L’esasperato operaio in tuta blu, grida con rabbia la sua insoddisfazione, sotto lo sguardo incredulo e velatamente compiaciuto dei suoi Colleghi. Durante questo sfogo, in preda all’ira, cerca di distruggere ogni oggetto riconducibile al suo lavoro: l’interpretazione di Alessandro Haber è talmente suggestiva da farmi avvertire il dolore alle mani, come se avessi colpito davvero l’armadietto in ferro; così realistica da farmi avvertire i battiti cardiaci accelerati per via della concitazione drammatica di quelle reazioni. Dopo questo episodio Tommaso cammina deciso verso la campagna, compiaciuto con sé stesso per aver preso l’importante decisione di tornare alle sue origini contadine. Si sente finalmente libero di assaporare la terra sentendo il bisogno di portarla alla bocca, addirittura per mangiarla. Il film si conclude con una scena bellissima, che riserva allo spettatore la possibilità di interpretare il finale.

Tommaso, dopo una lunga corsa in preda alla stanchezza, probabilmente quella di una vita, si lancia con la faccia a terra sul bagnasciuga, bagnandosi il viso per l’arrivo delle onde del mare, quel mare tanto amato e che ha sempre desiderato, sin da bambino. Da una inquadratura laterale si vede una bambina sotto l’ombrellone che, lasciando la mamma, corre verso qualcuno che si immagina possa essere Tommaso ancora sdraiato sulla spiaggia.  In realtà, con l’inquadratura a tutto schermo, al posto di Tommaso steso sul bagnasciuga si vede un cane che viene accarezzato dalla bambina, felice di averlo incontrato. Rigenerato dalle amorevoli carezze il cane si alza improvvisamente, si scrolla di dosso l’acqua del mare e corre via felice, verso la libertà.


CLERO E SOCIETÀ A MODUGNO NELLE VISITE PASTORALI

Marco Pepe

 

Relatore: don Nicola Colatorti

Nuovi Orientamenti, n. 178 – aprile 2022

 

Con l'incontro tenutosi il 21 gennaio scorso, presso l'Auditorium dell'IISS «Tommaso Fiore», sono ripresi gli «Incontri del Millennio» trasmessi in rete per contenere le conseguenze legate alla pandemia. Si entra, quindi, nel vivo della storia che interessa la nostra città e la circostanza non poteva trovare un interlocutore più consono di don Nicola Colatorti, parroco della Chiesa Matrice di Modugno, da sempre vicino alla nostra comunità ed autore di diverse pubblicazioni di notevole interesse storico-culturale. Tra i meriti, sicuramente ascrivibili a don Nicola, ricordiamo la ricostruzione dell'Archivio Capitolare e la pubblicazione di nove "Quaderni d'archivio'' alcuni dei quali proprio sulle visite pastorali. Nel viaggio che don Nicola ri percorre attraverso la storia, si parte dalla prima definizione di visita pastorale, risalente al Diritto Canonico del 1917, nel quale ai vescovi furono impartite le regole da mettere in pratica nelle diocesi di pertinenza. Tali concetti furono recepiti nel tempo, fino a confluire in un unico contesto, i Decretales che costituirono il corpo giuridico osservato per tutto il Medio Evo.

A partire dal XV secolo si ebbe il declino delle visite pastorali, dovuto principalmente alla lontananza dei vescovi dalle loro sedi ed al cumulo di benefici, tra loro incompatibili, come, ad esempio, la titolarità di più vescovadi. Il Concilio di Trento, spiega don Nicola, rappresentò la svolta alla situazione che andava degenerando perché, nella circostanza, furono introdotte norme significative, quali l'obbligo della residenza dei vescovi, la previsione sistematica delle visite pastorali, e l'istituzione del seminario per assicurare un'adeguata formazione culturale agli aspiranti sacerdoti. Interessanti i riferimenti storici alla Terra di Bari, contenuti nella relazione della prima visita pastorale, svoltasi a Modugno nel 1572 dall'arcivescovo Antonio Puteo, che mise in evidenza le gravi mancanze del clero: nella visita condotta dal mons. Gennaro Adelelmo Pignatelli [1770-1777], l'arciprete di Modugno, don Giuseppe Pilolla, malgrado più volte ammonito, reiterò le stesse inadempienze che gli comportarono la revoca dell'arcipretura.

Successivamente fu reintegrato dall'autorità civile, dopo il ricorso presso quest'ultima. È stato osservato che le visite pastorali, oltre a rappresentare una sorta di "atto amministrativo", delinearono soprattutto l'impegno della Chiesa nel voler alleviare le povertà e le sofferenze della popolazione, con il coinvolgimento delle Confraternite, affinché lo stato di precarietà non costituisse motivo di devianza dalla concezione di vita cristiana. Nell'intervento conclusivo il prof. Raffaele Macina, oltre ai complimenti per la completezza della relazione, ha elogiato l'onestà intellettuale con la quale don Nicola ha riferito le criticità che avevano interessato il clero modugnese, riportandole all'attenzione dei presenti così come si sono verificate. Un grande ringraziamento, quindi, a don Nicola Colatorti che ancora una volta, con il suo impegno e la sua ricerca storica, ha fornito preziose sollecitazioni per riscoprire ed apprezzare le nostre radici.


PALESE, LA MARINA DI MODUGNO

Marco Pepe

 

Relatore: prof. Vito Ricci

Nuovi Orientamenti, n. 179 – luglio 2022

 

Nel mese di marzo ed aprile sono continuati gli approfondimenti di momenti della storia della nostra Città, nell'ambito degli "Incontri del Millennio" presso l’Istituto Tommaso Fiore di Modugno.

 

Quello del 4 marzo scorso, «Palese: la Marina di Modugno», ha messo in evidenza il legame storico tra le due località, ripercorrendone gli aspetti salienti. La relazione è stata tenuta dal dott. Vito Ricci, ricercatore e studioso di storia medievale. L'argomento mi ha riportato indietro nel tempo a quando sentivo dire che Palese fosse la «Spiaggia dei Modugnesi». Mi interrogavo su quale potesse esserne la ragione prescindendo, ovviamente, da quella della breve distanza tra i due territori; non immaginavo che vi fossero precise ragioni storiche, nei termini che sono stati compiuta- mente illustrati nell'incontro. Il legame storico tra Palese e Modugno risale al 1511, quando la duchessa Isabella d'Aragona dichiarò promiscua la fascia di terra a ridosso del confine con Bitonto che congiungeva Modugno al mare, che fu poi confermata da sua figlia, la regina Bona Sforza, nel 1527. Per individuare una prima formazione dell'abitato di Palese, nell'attuale zona di Piazza Capitaneo, bisogna far riferimento a due valutazioni: la prima dello storico Michele Carruba (1785-1854), che riteneva vi fosse un podere con casa di campagna di proprietà della famiglia Modugnese "Pascale", la seconda dello studioso bitontino Antonio Castellano che, invece, attribuiva la proprietà alla nota famiglia di Bitonto dei "Pasquale".

La controversia fu risolta grazie ad un documento inedito, risalente al 1677, reperito presso l'Archivio Capitolare e Parrocchiale di Modugno, che certificò la proprietà dei cespiti in capo alla famiglia bitontina. L'evoluzione di Palese si ebbe a partire dalla seconda metà del XVII secolo, grazie alla concessione di terreni che i proprietari, laici ed ecclesiastici, effettuarono in regime di enfiteusi ai contadini; gran parte degli abitanti insediatisi in quel luogo erano di Modugno e, insieme a quelli di Bitonto e Bari, costituirono un significativo stanziamento rurale. Tra la fine del Settecento ed i primi anni dell’Ottocento, la popolazione raggiunse una consistenza tale da meritare riconoscimenti in ambito religioso e politico-amministrativo, tanto che nel 1808, l'arcivescovo di Bari mons. Baldassarre Mormile (1750-1826), d'accordo con il Capitolo di Modugno, assegnò alla popolazione di Palese un vicario curato, sostituto dell'arciprete di Modugno, per la cura spirituale degli abitanti del posto. 

La svolta per l'università di Modugno giunse il 1806, quando, in seguito dell'abolizione della legislazione feudale, promossa da Giuseppe Bonaparte, essa ottenne la piena titolarità di Palese. Una visita a Palese dell'intendente di Bari in carica negli anni Venti dell’Ottocento rilevò lo stato di abbandono del territorio di Palese tale da comportare l'ordine, per il Sindaco di Modugno, Nicola Faenza, di predisporre una lista di canditati in modo da eleggere un rappresentante di Palese nell'ambito del Decurionato modugnese. Nel 1827 fu eletto Vincenzo Maiorano, il primo palesino chiamato ad amministrare il suo territorio, sotto la dipendenza del Sindaco di Modugno. A partire dagli anni Venti, Palese incominciò a disporre di importanti servizi: nel 1820 fu nominato un sostituto cancelliere per i Registri di Stato Civile; nel 1850 si ebbe la prima farmacia; nel 1880 fu inaugurato il Servizio Postale; due anni dopo, nel 1882, fu inaugurata la linea ferroviaria Bari - Barletta, con ben due fermate che interessavano Palese, sino ad arrivare all'apertura di una scuola primaria, che il Consiglio Comunale di Modugno deliberò nella seduta consiliare del 15 maggio 1863. 

Malgrado questi interventi, i rapporti tra Modugno e Palese spesso furono controversi, tanto che all'inizio degli anni Venti del Novecento si ebbero i primi fermenti separatisti, incoraggiati soprattutto dalla politica fascista che, per valorizzare il territorio di Bari, aggregava i paesi limitrofi. Fu presentata dagli abitanti di Palese un'istanza al Governo per ottenere che il borgo fosse distaccato da Modugno ed annesso a Bari: cosa che avvenne con Regio Decreto n. 2133 del 6 settembre 1928, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia il primo ottobre del 1928. Con ulteriore Decreto del 28 ottobre 1929, fu sancita l'unione di Palese con Macchie che determinò la nascita di Palese-Macchie, attuale frazione di Bari. Il sogno dei modugnesi, di avere una propria Marina, si infranse su quel provvedimento governativo, ma la storia ha creato, comunque, un legame forte che ormai è insito nella nostra cultura cittadina.


ASCESA SOCIALE E PRATICHE DELLA POLITICA:

IL CONTE ROCCO STELLA, "NAPOLITANO DI MODUGNO"

Marco Pepe

 

Relatore: prof. Gaetano Pellecchia
Nuovi Orientamenti, n. 179 – luglio 2022

 

Il 25 marzo scorso presso l'Istituto «Tommaso Fiore» il prof. Gaetano Pellecchia ha relazionato sul personaggio che è stato definito il più illustre e famoso dei Modugnesi tra il'600 e'700: il conte Rocco Stella.
Di solito il relatore ripercorre la biografia del personaggio, ma il prof. Pellecchia è andato ben oltre le aspettative, articolando la sua relazione con la contestualizzazione degli eventi dell'epoca, rapportandoli alla vita di Rocco Stella, suscitando un doppio e combinato interesse. Si parte dal contesto storico del suo tempo, quando Mod ugno era una località del Regno di Napoli sotto il dominio spagnolo e poi degli Asburgo d'Austria che, insieme alla Francia, erano considerate le più grandi potenze continentali. Di contro, l'impero Ottomano, temutissimo in Europa, costringeva gli Stati ad assumere atteggiamenti di difesa per frenarne l'espansione territoriale: in tale scenario la Puglia, per via della sua posizione geografica strategica, diventò una regione fortemente militarizzata. Rocco Stella, nato a Modugno il 24 febbraio del 1662, era un giovane "scapestrato", come diremmo noi oggi, che nel 1680 lasciò Modugno, a soli diciotto anni, [per "evitare i rigori della legge", e perché "si dette ai vizij"], per arruolarsi al servizio dell'impero d'Asburgo e, grazie alla conoscenza di ben nove lingue ed alla propensione all'uso delle armi, conseguì amicizie importanti, tali da determinare la sua importante ascesa, politica e militare. L'incontro della vita fu quello con Antonio Carafa, membro di una famiglia nobile del Regno di Napoli, con una autorevole genealogia, ritenuta persona abilissima nel tessere relazioni importanti e generoso con le persone da lui stimate. Da quel momento fu un crescendo per Rocco Stella: nel 1707 Carlo III lo nominò conte, assegnandogli anche alcune rendite del Regno di Napoli. Entrò così a far parte della Giunta d'Italia nel 1709 prima, e nel Consiglio d'Italia poi. 

Nel 1713 a Vienna venne nominato Consigliere di Stato, ricevendo in dono da Carlo VI non soltanto il suolo, ma anche i fondi necessari per la costruzione di un sontuoso palazzo a Modling, località a sud di Vienna, nella cui piazza si erge la colonna della SS. Trinità, edificata dopo la pestilenza del 1713. A Vienna il conte Stella fu il più ascoltato consigliere dell'imperatore ed anche membro del Consiglio di Spagna, per la sovrintendenza dei possedimenti italiani. La sua notevole influenza interessò non solo le sorti della propria famiglia, tanto che a suo fratello Giambattista Stella [Modugno, 26 settembre 1660 - Taranto, 11 dicembre 1725] già arciprete della Chiesa Maggiore di Modugno, valse la nomina ad arcivescovo di Taranto, ma anche di Modugno, per la quale ottenne molti benefici, tra i quali il titolo di "città" la conferma permanente per la Fiera del Crocifisso, che si svolge ancora oggi, oltre che le franchigie doganali e l'esenzione dai dazi sul consumo.
Pur considerando che alla memoria di Rocco Stella è stata dedicata una delle vie più suggestive di Modugno, dove tra l'altro ha sede il Palazzo di famiglia ormai noto come "Palazzo Colavecchio", resta il rimpianto di non aver ricordato, con alcuna iniziativa, il tri centenario della sua scomparsa [2020]; peraltro è rimasta nel vuoto la proposta avanzata dalla nostra rivista [Nuovi Orientamenti - dicembre 2020 n. 174 pag. 25] e dalla FIDAPA, di realizzare un gemellaggio con uno dei luoghi dell'Austria in cui visse Rocco Stella [Vienna, Meidling, Wartenstein].
Al professor Gaetano Pellecchia, quindi, un ringraziamento particolare per aver descritto, con metodo e precisione, un personaggio così importante della nostra storia, alla luce dei suoi tempi, suscitando in ognuno di noi l'orgoglio di essere suo concittadino.
La storia di Rocco Stella potrebbe indurre a pensare che un giovane, da "scapestrato", possa essere diventato il ministro più potente d'Europa, lasciando intendere quasi che il suo successo sia stato legato alla fortuna di aver incontrato le persone giuste. Ma le parole di Seneca, a mio avviso, sono illuminanti: «La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l'occasione».

Ed io credo sia andata proprio così.


L'ARCHIVIO CAPITOLARE DI MODUGNO

Marco Pepe

 

Relatrice: prof.ssa Chiara Manchisi

Nuovi Orientamenti, n. 179 – luglio 2022

 

L'ultimo degli "Incontri del Millennio", che si è svolto venerdì 22 aprile, ha riguardato l'archivio Capitolare di Modugno, tenuto della dott.ssa Chiara Manchisi, già funzionario della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Puglia. Nella presentazione il prof. Raffaele Macina ha evidenziato la professionalità della Manchisi, già riscontrata in occasione del riordino dell'Archivio Capitolare della Chiesa Matrice di Mod ugno, uno dei più importanti della Terra di Bari, che la stessa curò avvalendosi della collaborazione di alcuni colleghi della Soprintendenza, tra i quali, negli ultimi anni, quello della dott.ssa Rosaria D'Angella. Il progetto, fortemente voluto dall'arciprete della Chiesa Matrice, don Nicola Colatorti, portò alla pubblicazione di tre volumi, dal titolo L'archivio della Chiesa Maria Santissima Annunziata di Modugno [sec. XV-XX] (Ecumenica editrice, 2018), curati dalla stessa dott.ssa Manchisi. 

L'attenzione degli intervenuti è stata entusiasmata dalla premessa con la quale sono stati puntualizzati alcuni concetti spesso dati per scontati; essi, al contrario, costituiscono un'importante chiave di lettura per interpretare il nostro passato. Ci si riferisce, per esempio, al concetto di "memoria", frequentemente associato a quello del "ricordo". L'accostamento è riduttivo, se si considerano i diversi aspetti della memoria, perché, come è stato osservato dalla dott.ssa Manchisi, "la conoscenza e la buona conservazione della memoria storica costituiscono una garanzia per lo sviluppo della stessa". 

La memoria aiuta a valutare i fatti accaduti con una prospettiva che facilita l'individuazione di cause ed effetti per acquisire una nuova interpretazione della storia, per mezzo della quale gli uomini possono migliorare sé stessi e quindi la società. Con la memoria, "si rivendica il diritto ad avere un passato". Da questi concetti scaturisce l'idea di "archivio" quale attività necessaria per la conservazione organizzata dei documenti per la consultazione futura. Con queste premesse è stato presentato l'archivio Capitolare della Chiesa Matrice, pregevole complesso di documenti, a testimonianza non solo della vita spirituale ma anche delle attività sociali, amministrative e giuridiche della Città di Modugno. Dalla consultazione degli atti è possibile risalire al paesaggio, alle contrade agricole, ai tipi di coltura, agli usi della popolazione, al sistema giuridico dell'epoca e perfino alla moda, tenuto conto che la Terra di Bari fu sede di scambio per il mercato di stoffe preziose. 

L'Archivio Capitolare di Modugno, ha precisato la dott.ssa Manchisi, vanta documenti di assoluto valore storico, tra i quali le preziose lettere cinquecentesche - autografe - di Bona Sforza, regina di Polonia e duchessa di Bari, che annoverava Modugno nell'ambito dei suoi territori. Tali documenti furono esposti nella Mostra Internazionale tenutasi a Bari nel 2000 presso il Castello Normanno Svevo, a Cracovia nella sede del Castello del Wawel, e a Modugno, nel 2006, in occasione del settimo centenario della morte di san Nicola da Tolentino. L'Archivio comprende anche 109 pergamene, risa lenti al 1410, (Archivio Diplomatico); i documenti delle visite pastorali con le loro conclusioni; lo Statuto settecentesco; il fascicolo "Risposta dei Primiceri" del 1774, redatto per fornire un resoconto all'arcivescovo di Bari, che all'epoca aveva chiesto una dettagliata informativa sul Clero e su tutte le Chiese di Modugno. La documentazione comprende anche dati su patrimonio, testamenti, contenziosi, contabilità, disposizioni regie ed ecclesiastiche, oltre a rogiti di importanti notai dell'epoca, attraverso i quali è possibile risalire agli usi e ai costumi del tempo. Giova ricordare anche che presso l'Archivio Capitolare è custodita la "Relazione dell'avvenuto nella Città di Modugno e suo territorio e dell'assalto alla medesima dato da più migliaia di ladri circonvicini nei primi mesi dell'anno 1799", molto cara alla nostra Città, a cura del sacerdote primicerio Giambattista Saliani.

È stato ricordato, in chiusura, quanto fu complessa l'attività di riordino soprattutto per la quantità dei documenti visionati e inventariati. Questi, ha ricordato la dott.ssa Manchisi, giacevano in diversi falcioni sotto date che, talvolta, non si rivelarono coerenti con quanto contenuto. Tale scenario lascia immaginare il particolare impegno che fu necessario per il riallineamento e la schedatura dei documenti, catalogati dal XV al XX secolo.

Con la riunione on line, si conclude la rassegna "Incontri del Millennio", che ha riguardato argomenti di largo spessore culturale, le cui relazioni, costituiranno una specifica pubblicazione a cura della nostra rivista. La speranza è che gli "Incontri del Millennio" possano aver suscitato un maggiore e rinnovato interesse per la storia e la cultura della nostra città.


PANDEMIA E CONSEGUENZE SOCIALI
Se n'è parlato in un convegno dell'UTE

Marco Pepe


Nuovi Orientamenti, n. 179 – luglio 2022

 

Il Convegno promosso dall'UTE di Modugno, "Conseguenze sodali ed individuali dovute alla pandemia", tenutosi presso il Teatro «G. Fava» di Modugno il 29 marzo scorso, ha offerto la possibilità di discuterne con alcuni relatori, ciascuno sulla base delle rispettive specificità e competenze. I lavori sono stati introdotti dal presidente dell'UTE, Tommaso Laviosa, che ha ricapitolato le sensazioni degli iscritti raccolte durante il lockdown, sostanzialmente riconducibili a smarrimento, malinconia, paura. 

Il prof. Raffaele Macina, poi, ha precisato che «la pandemia non è una guerra». La ragione risiede semplicemente nel fatto che la guerra è una precisa volontà dell'uomo, mentre il virus è un fenomeno invisibile, la cui origine è ancora oggi da scoprire. Interessanti i riferimenti alla «Cronaca di Vitangelo Maffei», sulla peste a Modugno del 1656. Dalla lettura di alcuni passaggi, sono emerse analogie, di termini e circostanze, sovrapponibili alla situazione odierna. Un altro aspetto affrontato è stato il binomio "Società e Diritto", definito come "le colonne dello stesso tempio". Questo il presupposto con il quale il dott. Pietro Donadio, cancelliere presso il Tribunale di Torino, ha introdotto il suo contributo, soffermandosi sulle difficoltà che il Legislatore ha dovuto affrontare in un contesto nuovo e difficile. Egli ha spiegato, infatti, quanto sia complesso scrivere le norme giuridiche senza potersi avvalere di un richiamo normativo precedente. Non è stato facile coniugare la tutela della salute pubblica con la libertà individuale di ciascun cittadino. Purtroppo, spesso si è reso necessario «normare situazioni nuove con strumenti vecchi», e questo spiega l'adozione, in situazioni di comprovata emergenza, del "testo Unico di pubblica sicurezza".
Don Nicola Gioacchino Tatulli si è soffermato sulle reazioni dei fedeli durante la pandemia. La doppia funzione di professore e di sacerdote, tra l'altro, ha consentito a don Nicola di analizzare diversi aspetti del fenomeno. Gli studenti, per esempio, hanno subito gli effetti deleteri della «Didattica a distanza»: Per i fedeli, invece, il discorso ha assunto altri contorni.

Durante la pandemia le celebrazioni religiose, come anche le catechesi, sono state seguite attraverso i social, per cui si prevedeva un maggior ritorno "in presenza", cosa che invece non è avvenuta. Quali le cause? Diffidenza? Paura? Cambiamento del modo di vivere la propria vita religiosa? Conclude il convegno Antonio Alfonsi, assessore alla Cultura, che si sofferma sulla «situazione emotiva della gente» che, in alcune circostanze, è risultata poco paziente e, anche un po', incattivita.


BALSIGNANO, PRIMA TAPPA DEL CAMMINO MATERANO

Si parte dalla Basilica di San Nicola per giungere a Matera dopo 168 chilometri di cammino

Marco Pepe

 

Nuovi Orientamenti, n. 180 – novembre 2022

 

Il dieci agosto scorso il Sindaco di Modugno, ing. Nicola Bonasia, ha reso noto che Balsignano è diventata tappa del «Cammino Materano». La notizia è stata ufficializzata con un video, girato sul posto, con la partecipazione di Beppe Montebruno, Antonio Alfonsi, Nunzio Carfagnini, consigliere delegato al marketing territoriale, Angelo Attolico, referente per la Regione Puglia, Mimmo Caporusso, presidente «ASD Lapietra», e Gino Caputo, referente dei «Sentieri Modugnesi». Il riconoscimento rappresenta il punto di partenza di un programma di turismo sostenibile, come precisato da Montebruno, che si propone la «valorizzazione della nostra area rurale» per far conoscere il nostro territorio ai cittadini di Modugno e ai viandanti. In questo ambito il «Cammino Materano» rappresenta una straordinaria opportunità associata al «Cammino di Santiago», più marcatamente religioso. A partire dal Medioevo, i pellegrini lo percorrevano attraverso l'Europa per giungere alla Cattedrale di Santiago di Compostela, presso la quale si trovano le reliquie dell'Apostolo San Giacomo il Maggiore.

Un pellegrino olandese chiedeva perché non si potesse realizzare, allo stesso modo, nei territori del Sud Italia un simile cammino. Questa l'origine del progetto, poi diventato realtà. Il «Cammino Materano» si articola per sei vie: la Peuceta (quella che interessa Balsignano), la Jonica, la Sveva, la Lucana, la Dauna, l'Ellenica (terra degli Ulivi e terra delle Gravine). Ciascuna di queste ha inizio da determinati luoghi della Puglia, per concludersi tutte a Matera. È possibile documentare ogni tappa attraverso la «credenziale», una sorta di passaporto del viandante, sul quale apporre la «sigilla», un timbro con il logo della tappa raggiunta.

Una statistica, su base nazionale, aiuta a inquadrare il fenomeno: le «credenziali» distribuite nel 2021 sono state 59.538, contro le 45.472 del 2019. (Nel 2020, durante la primavera interessata dal Covid, le credenziali rilasciate sono state 38.6242. Nel nostro territorio, secondo i dati pubblicati nel sito internet Cammino materano.it, sono emersi dati interessanti riferiti al 2021: le «credenziali» distribuite sono state 2.879, con un impatto economico sul territorio stimato in euro 1.108.415 (senza alcun investimento pubblico). Molteplici le motivazioni del viaggio: il 56% di natura culturale, il 12% di natura religiosa, il 10% di natura sportiva e il restante 22%, di diversa tipologia. La via Peuceta, che prende il nome dal popolo che per primo occupò il territorio, consiste in circa 170 chilometri da percorrere in 7 tappe tra città, altipiani e chiese rupestri, con ben 32 siti di interesse storico. Il viaggio racconta miti, magie, misteri, imperatori, contadini, briganti, perfino santi completamente inventati. Tutto in bilico tra leggenda e realtà e, soprattutto, denso di storia, la nostra. Il Cammino della Via Peuceta ha inizio a Bari dalla Basilica di San Nicola, simbolo del pellegrinaggio di ieri e di oggi, per giungere alla Città dei Sassi attraversando Balsignano, Bitetto, Cassano, Altamura, Gravina e la Murgia.

 

Prima tappa: da Bari a Bitetto

Tra queste due località si trova il Casale fortificato di Balsignano che, come sappiamo, rappresenta una rara testimonianza dei villaggi rurali fortificati di Puglia. Il Casale, ristrutturato, è la sosta perfetta prima di riprendere il cammino e intravedere, in lontananza tra gli ulivi, la caratteristica cupola maiolicata della cattedrale di San Michele Arcangelo di Bitetto, meta finale della prima tappa.

Seconda tappa: da Bitetto a Cassano delle Murge

Visitare Bitetto significa entrare in un altro scenario: la realtà industriale e mercantile di Bari è ormai alle spalle, e gli ulivi, che caratterizzano il paesaggio, testimoniano una storia millenaria.Superato l'abitato di Metto, si può visitare la chiesa di Santa Maria La Veterana, antico luogo di culto, sorto tra il IX e X secolo, sui resti di una chiesa paleocristiana. Quando il paesaggio bitettese è lontano, un'altra cupola anticipa la destinazione di arrivo della seconda tappa: quella della Chiesa Madre di Cassano delle Murge, dedicata a Santa Maria Assunta, sorta sulle rovine della chiesa romanica del 1348. Ad una decina di minuti dal centro di Cassano, i viandanti possono fermarsi al «Country Pub Pecora Nera», dove ha luogo la curiosa venerazione di Sant'Euligio, santo totalmente inventato dal titolare del pub. Al «santo» immaginario è stata riservata perfino una festa, che si tiene il 20 aprile di ogni anno, per celebrare eventi legati a.… birra e stinco di maiale.

Terza tappa: da Cassano a Santeramo in Colle

Camminando ci si immerge nei segreti e nelle ricchezze di una natura a volte sconosciuta, la Ialurgia. Meta di questa terza tappa è la Masseria Ruo- tolo, risalente all’Ottocento, dove è possibile farsi raccontare dai titolari i segreti del territorio, alcuni dei quali legati al brigantaggio. Cassano delle Murge, nell'Ottocento abitata da soli quattromila abitanti, era la terra del bandito Vituccio Servodio, il «bandito dal grilletto facile», terrore delle campagne del paese, che fu ucciso nel settembre del '900 in un conflitto a fuoco con Carabinieri e guardie campestri in contrada Pantalone. L'agriturismo «Amicizia», del noto titolare Pierino, conserva gelosamente l'antico portone crivellato dei colpi che uccisero il temuto bandito. Lungo il percorso è possibile ammirare lo spettacolo dei muri a secco che delimitano i fondi con pietre sapiente- mente accostate tra loro, senza alcun collante, ma tenute insieme da un delicato equilibrio, grazie alla saggezza dei mèste paréte (maestri dei muri a secco).

Quarta tappa: da Santeramo in Colle ad Altamura

Ormai si è diretti verso Altamura: lungo il percorso è possibile ammirare le più belle orchidee spontanee che crescono nel nostro Paese. La via Peuceta, infatti, ha una sua orchidea tipica, scoperta da una guida ambientale, nonché organizzatore del «Cammino Materano», che la battezzò, ovviamente, Ophrys Peu- cetìae (Ofride della Peucetia). Una volta giunti nella Città di Federico II, la «Leonessa di Puglia», si ha la possibilità di visitare la Cattedrale di Santa Maria Assunta, eretta tra il 1232 ed il 1254, per volere dello stesso imperatore. Nelle immediate vicinanze si trova il «Caffè Ronchi», casa del famoso "Padre Peppe" liquore ormai diventato un elemento identitario della città, nato da un'antica ricetta che il frate cappuccino Giuseppe Ronchi donò in fin di vita ai fratelli Stricoli, i cui discendenti sono proprietari del bar e commercializzano il noto liquore in tutto il territorio nazionale. Il locale, che a metà dell'800 era adibito a un famoso negozio di ferramenta, conserva ancora oggi l'arredo originale. Una meta, concettualmente collegata, è il santuario della «Madonna del Buon Cammino», dove, sulla strada che anticamente portava a Bari, gli abitanti di Altamura avevano eretto una nicchia con l'immagine della Madonna a protezione del viandante lungo il cammino. Una delle mete da non perdere è anche il «Museo dell'Uomo di Altamura», ospitato all'interno di Palazzo Baldassarre, edificato tra la fine del XVI e l'inizio del XVII sec. L'uomo di Altamura, soprannominato affettuosamente «Cicalio», circa 157.000 anni fa, cadde in un anfratto e morì per vie delle ferite riportate. Lo scheletro, incastonato nella roccia, fu ritrovato il 7 ottobre 1993 da un gruppo del «Centro Altamurano Ricerche Speleologiche», tra le colline di Lama lunga. La ricostruzione in silicone di Cicalio, esposta nel Museo archeologico di Altamura dal 2017, è stata realizzata dai migliori paleoartisti del mondo, i gemelli olandesi Adrie e Alfons Kennis.

Quinta tappa: da Altamura a Gravina

Dopo Altamura, in cima ad un colle, che domina Gravina, sono visibili i resti del castello che Federico II costruì per coltivare la sua passione della caccia con il falcone, tra il 1224 e il 1231, ad opera dell'architetto e scultore fiorentino Fuccio. Sulle strade della Via Peuceta l'influenza di Federico è significativa: l'imperatore fu definito dai suoi stessi contemporanei Stupor Mundi et immuta- tormirabilis, pervia della sua grandissima curiosità intellettuale, che lo portò allo studio della filosofia, del Gastrologia, della matematica, della medicina e delle scienze naturali.

Sesta tappa: da Gravina al Santuario di Picciano

In questa tappa è protagonista di primo piano la natura, che restituisce i profumi di una particolare e antica vegetazione. L'ultima collina che ospitala) il Bosco "Difesa Grande di Gravina" in parte distrutto dagli incendi dolosi, offre la vista del santuario Santa Maria di Picciano, altra tappa del Cammino. Leggenda vuole che il culto derivi dall'iniziativa di un pastore abruzzese che, in cerca dei suoi buoi smarriti, riceve l'apparizione della Vergine, che gli confida di volere un tempio, in suo onore, proprio sulla collina. Un'altra meta è la chiesa rupestre della Madonna della Stella, ubicata ai piedi della collina di Botromagno (una delle aree archeologiche più vaste d'Italia), dove fu ritrovato un affresco della Madonna con Bambino e stella sulla fronte.

Settima tappa: dal santuario di Picciano a Matera

Ultima tappa. Questo percorso offre la vista dell'Oasi di san Giuliano, ricca di piantagioni particolari ospitate nella pineta. Il torrente Gravina annuncia che Matera è ormai vicina e, con essa, la fine del viaggio, salutato dal volo del falco grillaie, tipico rapace della Murgia. Siamo finalmente a Matera, la città dei Sassi. Qui è possibile ammirare lo spettacolo offerto dalla terra del riscatto: da «infamia nazionale» o «vergogna d'Italia» (agli occhi di De Gasperi e Togliatti giunti sul posto nell'immediato dopoguerra), a Capitale Europea della Cultura 2019. È stata infatti la prima città del Sud ad essere nominata Patrimonio dell'umanità: da quasi sconosciuta, a una delle principali città d'arte, grazie alla rivalutazione consentita dalla Legge 11 novembre 1986, n. 771 «Conservazione e recupero dei rioni Sassi di Matera». È stato un miracolo reso possibile da un'idea, nata quasi per caso, di un gruppo di giovani materani composto da architetti, grafici, economisti, che fondarono l'associazione «Matera 2019», condividendo un grande sogno. La bellezza naturale di questi luoghi convinse registi come Pasolini a portare il grande cinema tra i Sassi: «Il vangelo secondo Matteo» nel 1964 e, successivamente, Mei Gibson con «La passione di Cristo», nel 2004. Interessante la sosta al Palazzo Lanfranchi che, dopo essere stato sede di un Seminario Diocesano, divenne prestigioso liceo classico, dove insegnò greco e latino Giovanni Pascoli. Anche a Matera si respira aria di leggenda mista a fede e tradizione. Qui, da oltre seicento anni, si celebra la «Madonna della Bruna». Si racconta infatti che un contadino, di ritorno in città con il suo carro, venne fermato da una donna che gli chiese un passaggio. Giunto alle porte della città, la donna scese, salutandolo con un'insolita richiesta: «Così, su un carro addobbato, voglio entrare ogni anno nella mia città». Al contadino lasciò un biglietto con l'invito, per vescovo, clero e nobili della città, a recarsi in quel determinato luogo. Quando questi arrivarono trovarono ad attenderli la Madonna della Bruna.

Con questa ultima tappa finisce il nostro viaggio virtuale. La descrizione dei luoghi visitabili lungo il Cammino Materano evidenzia le molteplici opportunità per i territori attraversati, e riconosce a Modugno la valorizzazione della nostra storia e della nostra cultura.


DON VITO PICCINONNA, NUOVO VESCOVO DI RIETI

Dal 2002 al 2005 don Vito è stato viceparroco della Parrocchia Maria Santissima Annunziata di Modugno

Marco Pepe

 Nuovi Orientamenti, n. 181 – aprile 2023

 

Don Vito Piccinonna è stato chiamato da Papa Francesco a guidare la diocesi di Rieti. La nomina è del 18 novembre scorso, ma l'ordinazione episcopale si è tenuta domenica 21 gennaio nella cattedrale Santa Maria, in Rieti, presieduta dall'arcivescovo di Bari mons. Giuseppe Satriano. L'evento è stato sentito con particolare emozione dalla nostra città, non solo per le particolari doti con cui don Vito ha sempre vissuto il suo ministero sacerdotale, ma anche per essere stato egli stesso, fino al 2005, viceparroco della nostra Chiesa Matrice: un impegno che ha reso operosa la presenza della Chiesa tra gli uomini, scandito da momenti significativi. Don Vito è nato a Palombaio, il 1° giugno 1977. Dopo la maturità, ha frequentato il Pontificio Seminario Regionale Pugliese Pio XI di Molfetta, conseguendo il titolo accademico in Teologia presso l'istituto Regina Apuliae.

Ordinato sacerdote nel 2002, don Vito è stato assistente spirituale della comunità terapeutica «Lorusso-Cipparoli» di Giovinazzo e dei giovani di Azione Cattolica a Roma. Rientrato a Bari, nel 2013 ha diretto la «Caritas» diocesana, e poi è stato responsabile del Gruppo diocesano di discernimento vocazionale per giovani «Se vuoi». Il 27 maggio 2015 è stato nominato parroco-rettore della Basilica dei «Santi Medici Cosma e Damiano» a Bitonto, e presidente della fondazione «Opera SS. Medici Onlus», succedendo negli incarichi a mons. Francesco Savino, eletto vescovo di Cassano allo Jonio. Il resto è storia dei nostri giorni. 

Lo stemma episcopale scelto da don Vito, oltre che richiamare le sue origini, presenta i tratti identificativi della sua missione nella diocesi reatina: su uno sfondo azzurro, simbolo del cielo, vi è al centro un ulivo, emblema di pace, che, oltre a identificare la terra di origine, richiama i passaggi chiave della Bibbia e l'unzione nei sacramenti; il fiume che scorre sotto l'albero, rappresenta l'acqua, richiamo evocativo del fonte battesimale, sinonimo di salvezza; le tre stelle, in alto a sinistra, rappresentano le tre virtù teologali, mentre la luna è il simbolo della Chiesa, secondo Sant'Ambrogio nella raccolta delle omelie (Hexaemeron, IV, 8, 32); il motto Gaudium et spes (La gioia e la speranza), infine, è il titolo della costituzione pastorale del Concilio Vaticano II, «Sulla Chiesa nel mondo contemporaneo», dedicata al confronto tra la cultura della Chiesa e il mondo, nell'impegno comune per la pace, la giustizia e la libertà. Mons. Satriano ha augurato al nuovo vescovo di saper accogliere il dono dello Spirito Santo, lasciandosi travolgere dalla gioia che scaturisce dal Vangelo, senza perdere mai lo stupore del vivere di fronte al disegno di Dio.

L'episcopato - ha proseguito mons. Satriano - è da considerare una «chiamata a divenire segno della misericordia con cui il Signore si prende cura del Suo popolo». A chiusura della celebrazione, il nuovo vescovo ha ringraziato coloro che lo hanno sostenuto verso l'amore di Dio: in primo luogo la famiglia, per avergli trasmesso l'amore per la vita e «l'attenzione per le piccole cose», l'arcivescovo Satriano per la stima, e coloro con i quali ha condiviso vent’anni di ministero. Piccinonna succede a mons. Pompili, vescovo di Rieti dal 2015 al 2022. Alla cerimonia, in rappresentanza della nostra città, sono intervenuti don Nicola Colatorti, parroco della Chiesa Matrice, una delegazione di fedeli, il vicesindaco Beppe Montebruno e la consigliera comunale Rosaria Vitrano. Tra le autorità civili e religiose anche un esponente del governo, l'on. Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, intervenuto per salutare mons. Pompili, suo amico personale e conterraneo.


DON GIACINTO "UOMO DI DIO, AMICO DEGLI UOMINI"

A dieci anni dalla morte si è tenuto un convegno per ricordare la sua figura e il suo magistero

Marco Pepe

 Nuovi Orientamenti, n. 181 – aprile 2023

 

Si è tenuto il 4 dicembre scorso, presso la sala della comunità della Chiesa di Sant'Agostino, un convegno dedicato a don Giacinto Ardito, per ricordarlo a dieci anni dalla sua «nascita in Cielo» avvenuta il 12 agosto 2012. L'incontro è stato coordinato da Antonio Rubino, con il supporto musicale offerto dal «Duo Gershwin», dei maestri Fabrizio Signorile ed Elia Ranieri. All'iniziativa, che ha registrato una consistente partecipazione di pubblico, sono intervenuti: don Giovanni Caporusso (Vicario Zonale III Vicariato); Raffaele Macina, direttore di "Nuovi Orientamenti"; Francesco Sportelli, docente di Storia della Chiesa nell'università degli Studi di Matera), la dott.ssa Giusi Servodio, già deputata, Nicola Bonasia, Sindaco di Modugno. Oltre agli interventi dei relatori, è stato interessante ascoltare le testimonianze di Dora Macina, presidente dell'Azione Cattolica parrocchiale, di Michele Lacalamita, "decano" della Parrocchia, e di don Felice lacobellis, già viceparroco della "Sant'Agostino". 

Con il suo saluto il parroco, don Luigi Trentadue, ha ringraziato per la «lodevole iniziativa ecclesiale» e, richiamando la prima lettera di Giovanni (1 Gv. 1,3), ha sottolineato la necessità di trasferire i valori cristiani in qualsiasi contesto e il valore di coltivare la "memoria". Ha aperto i lavori don Giovanni Caporusso, soffermandosi sul rapporto tra la formazione preconciliare di don Giacinto e le novità introdotte dal Concilio Vaticano II (1962-1965), attraverso le Costituzioni sulla Liturgia (Sacrosanctum Concilium), Ecclesiologia (Lumen Gentium), sulla Parola di Dio (Dei Verbum) e sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et Spes). Questi temi don Giacinto li ha affrontati con spirito profetico, tipico di chi «sa guardare oltre», anche attraverso le pagine della Rivista «Nuovi Orientamenti», dove si è soffermato sulle resistenze e sulle difficoltà attuative che hanno interessato anche la Chiesa locale, invitando a leggere i documenti con umiltà, condizione ritenuta indispensabile per il rinnovamento della propria fede. («Verifica e promozione del Concilio», (Nuovi Orientamenti" anno VIII, n. 1 -2 gen. apr. 1986, p. 30). 

Anche il rapporto con le tradizioni popolari è stato al centro della sua attenzione, soprattutto per le modalità con le quali si svolgono ancora oggi, per esempio, le feste patronali, che don Giacinto riteneva non si potessero ricondurre alla fede cristiana, qualora prive di valori religiosi. (Per una lettura religiosa delle feste patronali», «Nuovi Orientamenti», anno X -1988 - n. 5-6, p.3). 

Le sue considerazioni sono state uno stimolo per vivere il cristianesimo libero da stereotipi o da forme esteriori: molti sono rimasti affascinati dagli interrogativi proposti; altri, invece, hanno mostrato difficoltà a seguirlo, considerando tali sollecitazioni irriverenti o addirittura polemiche. Egli ha sempre rifiutato il compromesso, preferendo il dialogo, consapevole della propria identità di uomo, di cristiano e di sacerdote perché, come diceva San Pietro, (1 Pietro 3,15-17), ciascun cristiano potesse dare «ragione della propria fede» per renderla convinta, motivata e soprattutto credibile. Il prof. Francesco Sportelli ha ricordato don Giacinto citando Filone di Alessandria: «Il sapiente è colui che sa camminare lungo il crinale, in modo da poter vedere il lato illuminato, ma anche quello buio»: concetto utile per evidenziare la capacità di don Giacinto nel saper camminare nei mondi e nelle culture del suo tempo, attraverso i cambiamenti, grazie alla sua formazione culturale, sviluppatasi presso la Pontificia Università Gregoriana dei Gesuiti. Sul rapporto tra il sacerdozio e la società si è soffermato il prof. Raffaele Macina, partendo proprio dal titolo del convegno ("Uomo di Dio, amico degli uomini"), per ribadire la capacità che don Giacinto ha avuto nel rapportarsi con la società del suo tempo. Egli ha ricordato gli incontri promossi negli anni Sessanta da don Giacinto sulle grandi encicliche sociali, rivolti ai giovani. Macina, poi, ha proposto quanto scritto su di lui dopo la sua morte da una giovanissima dell'A- zione Cattolica in una lettera a "Nuovi Orientamenti": «Don Giacinto, un religioso che, durante gli anni della nostra adolescenza e dei nostri dubbi relativi alla fede, non disquisiva di filosofia e di teologia, non certo perché non ne avesse i mezzi, ma perché cercava di riportare alla semplicità il discorso sulla fede, esortandoci sempre a testimoniare, nella vita quotidiana, l'essere cristiano». 

Anche l'impegno nel sociale è stata una sua priorità. Ne ha parlato la dott.ssa Giusi Servodio, ripercorrendo il ruolo di direttore della «Scuola Superiore dei Servizi Sociali e di Sicurezza Sociale», che don Giacinto ha svolto dal 1974 al 1995, e quello di docente di Etica Sociale. In quegli anni difficili egli è riuscito a modificare in positivo il rapporto tra le istituzioni pubbliche e il cittadino, grazie alla sua capacità di affrontare, in maniera «laica», la direzione dell'istituto, rispettando il pluralismo e la libertà di pensiero di docenti e «monitori», figure professionali introdotte già in quegli anni, che oggi potremmo sovrapporre a quella dei "tutor"». Alcune immagini tratte dal video "50 anni di vita» (documentario prodotto per la parrocchia Sant'Agostino nel 2000 da Lello Nuzzi) hanno sollecitato la memoria di Michelino Lacalamita, classe 1929, che nel 1953 aveva avuto da don Biagio il compito di costituire l'AC parrocchiale e ha poi collaborato con don Giacinto, del quale ha ricor dato le novità introdotte in materia di catechesi e di impegno sociale. Una novità importante, ad esempio, è stata la costituzione dell'osservatorio sociopolitico, aperto a tutti, per discutere i problemi riguardanti il territorio. La testimonianza inviata dal dott. Mario Tafaro, letta dal col. Fernando Sicuro, ha confermato invece l'impegno pastorale di don Giacinto presso la FUCI di Bari, dove ben presto seppe guadagnarsi la fiducia e l'affetto di tutti, diventandone il nuovo punto di riferimento.

Dora Macina, presidente dell'azione Cattolica parrocchiale, si è soffermata sulla «parresìa», sinonimo di schiettezza e libertà di parola; aspetti molto cari a don Giacinto che si è sempre augurato potessero diventare la virtù di ogni cristiano. È stata una sua prerogativa quella di «far seguire i fatti alle parole», la scelta dell'essenziale come stile di vita, perché, come ha sempre sostenuto, «la dissociazione, tra fede e vita quotidiana, è uno dei più gravi errori del nostro tempo». Antonio Rubino, considerata la presenza del Sindaco, ha ricordato l'istanza della Parrocchia per l'intitolazione di due strade cittadine a don Biagio Trentadue e don Giacinto Ardito, chiedendo aggiornamenti riguardo all'eventuale installazione, nel nostro territorio, di un inceneritore. Le risposte dell'ing. Nicola Bonasia hanno lasciato ben sperare, perché, nel rassicurare sull'istanza presentata, ha ribadito il massimo impegno della Giunta comunale per scongiurare l'installazione dell'impianto di ossi-combustione nel nostro territorio, in sintonia con i Comuni limitrofi interessati al problema. Il convegno è stato concluso da don Felice Iacobellis, che, commosso, ha ricordato senza mezzi termini la sua esperienza di viceparroco al la "Sant'Agostino". Sono emerse le difficoltà iniziali sorte nel rapportarsi con la personalità particolare di don Giacinto, per poi scoprire, successivamente, quanto sia risultata formativa l'esperienza di quegli anni trascorsi insieme a lui.

Il convegno, che ha avuto il merito di approfondire la complessa personalità di don Giacinto, ha certamente offerto la possibilità di apprezzare le qualità di un sacerdote illuminato, che è riuscito a stabilire un dialogo positivo con l'altro con le sue sollecitazioni a che ognuno di noi sia coerente come cristiano e cittadino.


INAUGURATO IL PARCO NATURALISTICO «PINUCCIO LOIACONO»

Per i lavori di sistemazione, che inizieranno a settembre, vi è un finanziamento di 5,5 milioni di euro

Marco Pepe

 

Nuovi Orientamenti, n. 182 – luglio 2023

 

Lo scorso 17 giugno, in una splendida giornata di sole, è stato inaugurato il parco "ex Cementeria" intitolato al dott. Pinuccio Loiacono, già medico anestesista nei reparti di Ortopedia e Ostetricia del Policlinico di Bari, deceduto nel 2011. Una scelta condivisibile, se si tiene conto del suo impegno per la salvaguardia dell'ambiente e della sua attenzione alla salute dei cittadini modugnesi. La giornata inaugurale è iniziata con una tavola rotonda, presso la Sala polifunzionale della Biblioteca comunale "Carlo Perrone" alla quale hanno partecipato: Nicola Bonasia, sindaco del Comune di Modugno; Antonio Decaro, sindaco della Città metropolitana di Bari; Luca Musicco, Consigliere delegato e Direttore Generale della Italgen SpA e Giuseppe Cataldo, Direttore dei lavori. Moderatore del convegno, Ivan Gabatel, Project Manager Italgen SpA. A seguire, il "taglio del nastro" presso il sito dell'area naturalistica, in via Cesare Battisti. Durante i lavori, sono stati ripercorsi i tempi che hanno legato Modugno alla Cementeria, costruita da Cesare Pesenti tra maggio 1931 e febbraio 1932, e che fino agli anni Settanta ha rappresentato la più importante fonte di lavoro per i modugnesi. Dopo la sua dismissione la struttura era diventata insalubre per via delle polveri che, per il vento, si propagavano nella città causando gravi patologie polmonari. 

Le perplessità sul rischio sanitario divennero più concrete quando nel 2009 l'Italcementi decise di demolire i corpi di fabbrica per presunte irregolarità nelle fasi preliminari che interessarono la bonifica e lo smaltimento dell'amianto Tali circostanze furono denunciate in un esposto presentato alla Procura della Repubblica dal movimento "Italia giusta secondo la Costituzione"e dai Verdi. L'avvio del progetto è da ricondurre al dott. Nicola Magrone e al suo citato movimento politico. Con delibera n. 40 del 27 dicembre 2019, infatti, il Consiglio Comunale, con i voti favorevoli espressi anche dall'opposizione, approvava l'accordo con la Italgen SpA, proprietaria del suolo. L'intesa fu siglata a Palazzo Santa Croce con il CEO & Managing Director di Italgen SpA, dott. Giuseppe De Beni.

L'accordo prevedeva la cessione da parte della Società, a titolo gratuito, di 19.000 mq per la realizzazione di un parco su una vasta area naturalistica, ad uso pubblico, da realizzarsi attraverso un intervento di recupero ambientale della zona "ex Cementeria", con il mantenimento in capo alla cedente di un'altra area destinata, invece, alla realizzazione di un impianto fotovoltaico. A margine dell'intesa, il dott. Nicola Magrone manifestò tutta la sua soddisfazione per il risultato conseguito, non solo per l'avvio del progetto, ma anche per aver stabilito la collaborazione con Italgen SpA per la realizzazione di un impianto che oggi vanta importanti caratteristiche tecniche. La struttura è composta da 10.056 pannelli di ultima generazione, con una potenza di circa 5,5 MW3, sufficiente per soddisfare il bisogno annuale di oltre 3.200 famiglie, con una produzione annuale intorno a 8,5 GWh4 interamente immessa in rete e con un risparmio, in termini di emissioni, di 2700 tonnellate di CO2 l'anno. È il più grande impianto che l'Italgen abbia sino ad ora realizzato, in termini di producibilità, inserito nel programma di sviluppo industriale per il 2024. 

Il parco inaugurato, invece, è un enorme polmone verde: la sua grandezza è di sei volte quella del Parco San Pio e di sedici volte la Villa comunale e ha al suo interno un bellissimo laghetto naturale. Il parco può contare sul finanziamento di 5,5 milioni di euro, messi a disposizione dal PNRR, per il tramite della Città metropolitana di Bari. Sulle prospettive e sulla valenza del progetto si è soffermato anche l'ing. Antonio Decaro, dichiarando di essere orgoglioso per aver partecipato, con i Sindaci della Città metropolitana, alla presentazione di "uno dei progetti più belli condivisi in questi anni".

Un giudizio positivo è stato espresso anche dalla direttrice del Dipartimento Sviluppo Economico della Regione Puglia, dott.ssa Elisa Berlingerio, la quale ha sottolineato la valenza di quanto realizzato, ritenendo che rappresenti un esempio su come "ripensare e rivitalizzare le aree dismesse". Interessante il programma che il sindaco Bonasia ha illustrato nel dettaglio: il parco sarà aperto allo svolgimento di attività ludiche, sportive e ricreative, divenendo un luogo di incontro per gli appassionati dello sport, per le famiglie e per tutti coloro che vorranno trascorrere un po'di tempo all'aria aperta, godendo della bellezza del territorio. Sarà realizzato anche un teatro, con una capienza stimata di quasi duemila persone, per l'organizzazione di eventi e concerti, utilizzando anche l'area del laghetto naturale, resa fruibile grazie a un terrazzamento digradante. Gli interventi rispetteranno gli ambiti ecologici e la salva- guardia delle specie animali e vegetali oggi presenti, con il minimo ricorso al cemento, attuando mirate tecniche di ingegneria naturalistica.

È previsto uno spazio dedicato allo sgamba- mento dei cani, oltre a una zona dedicata alla vista paesaggistica, con area attrezzata per picnic, e una pista ciclabile e pedonale, che assicurerà il collegamento con il centro cittadino. Il laghetto, non balneabile, potrà essere attraversato con le canoe, in modo da apprezzare al meglio la sua bellezza. Il parco è visitabile, nel periodo estivo, il sabato e la domenica, dalle ore 10 alle 17, con visite guidate gestite da associazioni ambientalistiche di volontariato. Dal mese di settembre, come precisato dal Sindaco, avranno inizio i lavori di completamento delle opere annunciate e quindi si presume che per la prossima estate tutto sarà utilizzato a pieno regime. Insomma, ci sono tutte le premesse per realizzare un parco all'avanguardia, atteso che, oltre al cospicuo finanziamento ottenuto, si può contare anche sulla sinergia espressa dall'Area metropolitana, segno di vicinanza e interesse condiviso.

Della giornata inaugurale resta l'immagine emblematica del taglio del nastro, con la dott. ssa Francesca Benedetto, già vicesindaco della Giunta Magrone, a rappresentare un passaggio di consegne con l'attuale Amministrazione guidata dall'ing. Bonasia, alla quale non si può che augurare un buon lavoro per il completamento di una delle opere più importanti sin qui programmate a Modugno per la salvaguardia della salute e per una migliore qualità della vita.


L'INSTRUMENTUM LABORIS, DOCUMENTO DELLA CHIESA UNIVERSALE

«Occasione perché il popolo di Dio possa proseguire il suo cammino e coinvolgere chi finora non è stato coinvolto»

Marco Pepe

 

Nuovi Orientamenti, n. 183 – dicembre 2023

 

Nell'ambito del processo sinodale in atto (2021-2024) nell'ottobre 2022 fu presentato, presso la Santa Sede, il Documento di lavoro per la Tappa Continentale del Sinodo dei Vescovi dal titolo "Allarga lo spazio della tua tenda" ispirato al libro del profeta Isaia, nel quale sono state riportate le esperienze acquisite durante la fase dell'ascolto delle conferenze episcopali e delle diverse realtà cattoliche di tutti i continenti. Trasmesso ai vescovi di tutto il mondo, per un primo discernimento, è stato discusso dalle Assemblee Continentali tenutesi nel primo trimestre del 2003.

 

  1. L'assemblea Continentale Europea

L'Assemblea continentale europea2, nelle conclusioni, ha avanzato diverse proposte, tra le quali: la valutazione di forme alternative per un esercizio sinodale dell'autorità all'interno della Chiesa (locale e universale); l'assunzione di concrete e coraggiose decisioni riguardo al ruolo della donna nella vita della chiesa; la cura della formazione alla sinodalità di tutto il popolo di Dio e la necessità di rinnovare il senso della missione, valutando la diversità come una ricchezza. I lavori, affidati ai Santi Patroni e Martiri d'Europa, si sono conclusi con l'invocazione allo Spirito Santo, attraverso la consueta formula utilizzata nei Concili e nei Sinodi attribuita a Sant'Isidoro di Siviglia: Adsumus, Sancte Spiritus! (Noi siamo davanti a Te, Spirito Santo).

  1. L'Instrumentum Laboris: Struttura E Contenuti

Sulla base del materiale raccolto durante la fase dell'ascolto e, in particolare, dei documenti finali delle assemblee continentali, è stato redatto l'Instrumentum Laboris (IL), composto dalla premessa e da due Sezioni con i rispettivi raggruppamenti.

La Sezione A: Per una Chiesa sinodale. Un'esperienza integrale (Al. I segni caratteristici di una Chiesa sinodale, A2. Un modo di procedere per la Chiesa sinodale: la conversazione nello Spirito).

La Sezione B: Comunione, missione, partecipazione. Tre questioni prioritarie per la Chiesa sinodale (B1. Una comunione che si irradia. Come essere più pienamente segno e strumento di unione con Dio e di unità del genere umano? B2. Corresponsabili nella missione. Come condividere doni e compiti a servizio del Vangelo? B3. Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità. Quali processi, strutture e istituzioni in una Chiesa sinodale missionaria?).

Chiudono l'IL quindici schede di lavoro, suddivise in tre gruppi, ciascuno dei quali riferito a una delle tre parti della seconda Sezione.

  1. Il Sinodo e le novità di questa Sessione

Il Sinodo dei vescovi, (dal greco syn-odos, camminare insieme) definito come una delle più preziose eredità del Concilio Vaticano II, è un'istituzione voluta da San Paolo VI che lo ha introdotto con la Apostolica sollicitudo (Motu proprio, 15 settembre 1965) per mantenere viva, nel tempo, l'esperienza conciliare.

Il decreto sulla missione pastorale dei vescovi nella Chiesa Christus Dominus, invece, ha sancito i ruoli dei vescovi nel governo centrale della Chiesa, mentre gli orientamenti sono stati predisposti dalla Commissione teologica internazionale, la quale, nei diversi incontri tenutisi tra il 2014 e il 2017, ha redatto un documento finale dal titolo La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, contenente le fonti normative della Sacra Scrittura e i temi della sinodalità, in relazione al Concilio Vaticano II. Le novità essenziali di questo Sinodo sono la Costituzione apostolica Episcopalis communio (15 settembre 2018), con la quale papa Francesco lo ha trasformato da evento in processo con tre fasi distinte (preparatoria, celebrativa, attuativa), e la modifica al Regolamento dell'assemblea Generale del 17 aprile scorso che, per la prima volta, ha previsto la partecipazione delle donne, le madri sinodali. Rispetto alla loro partecipazione, il relatore generale del Sinodo, cardinale Jean-Claude Hollerich, ha precisato che la circostanza non può definirsi una rivoluzione, bensì un cambiamento importante, considerando che la sinodalità si fonda sul battesimo, che è lo stesso per gli uomini e per le donne. Tra le novità anche la partecipazione - senza diritto di voto - dei facilitatori, esperti con il compito di assistere i vescovi durante i lavori, soprattutto quelli alla prima esperienza.

 

I temi del Sinodo: cammino e ascolto

Il cammino è un tema sentito da papa Francesco; lo ha menzionato più volte già nel primo discorso dalla loggia di san Pietro la sera dell'elezione, il 13 marzo 2013. Queste le sue parole: E adesso incominciamo questo cammino: vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore e di fiducia tra noi. Il tema ricorre anche nelle Scritture, atteso che Gesù amava insegnare ai suoi discepoli proprio mentre erano in cammino, e per questo definiti dai primi cristiani, quelli della Via. Emblematico l'episodio dell'apparizione di Gesù ai discepoli di Emmaus, (Luca 24,13-35) dopo la Resurrezione. Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell'ascolto, nella consapevolezza che ascoltare è più che sentire. Questo il monito del Papa nel discorso di commemorazione del cinquantesimo anniversario dell'istituzione del Sinodo (Aula Paolo VI, 17 ottobre 2015) che richiama un altro elemento fondante del Sinodo: l'ascolto. 

La «Conversazione nello Spirito»

Attraverso la Conversazione nello Spirito, la parola meditata diventa un dono per chi la ascolta, mettendo gli interlocutori nelle condizioni di scoprire sempre qualcosa di nuovo. Il metodo, definito come una preghiera condivisa in vista di un comune discernimento, si articola in tre fasi: la presa della parola per esprimere la propria opinione; il silenzio e la preghiera per preparare il passaggio successivo nel quale ciascuno è invitato a predisporre, dentro di sé, uno spazio agli altri e all'Altro (Spirito Santo); l'individuazione delle convergenze per raggiungere la condivisione. Questo criterio è stato adottato nel Sinodo, dove il Papa ha disposto che ogni cinque interventi fossero osservati quattro minuti di silenzio.

Comunione, partecipazione, missione

Il titolo - Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione, missione - riguarda l'identità stessa della Chiesa e il modo di annunciare il Vangelo. La comunione e la missione sono profondamente connesse tra loro, lo ha precisato san Giovanni Paolo II nell'esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici (30 dicembre 1988): la comunione è missionaria e la missione è per la comunione (32). In tale contesto è necessario acquisire la consapevolezza che il volontariato, l'impegno nel sociale, nelle parrocchie, nelle confraternite, è da considerarsi una missione da compiere trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Le confraternite, nel forum organizzato a Nizza il 5 ottobre 2022, hanno precisato di non essere un relitto del passato ma una realtà viva, e di voler essere protagoniste della nuova evangelizzazione. L'impostazione delle confraternite emersa nel forum di Nizza è condivisibile, però è importante sperimentare, nei rispettivi ambiti, il cammino sinodale, in sintonia con l'esortazione post-sinodale Christifideles laici del 30 dicembre 1988 di san Giovanni Paolo II.

I temi centrali del Sinodo

I temi al centro dell'attenzione dei vescovi sono di notevole importanza e attualità: le coppie gay, l'ipotesi di rivedere il divieto al sacerdozio femminile, i preti sposati. Il confronto è entrato nel vivo delle questioni attraverso i cardinali conservatori Brandmuller, Burke, Sandoval (Sarah e Zen Zekiun che hanno presentato al Papa cinque domande (dubia) per chiarimenti su alcune questioni relative alla interpretazione della Divina Rivelazione, sulla benedizione delle unioni con persone dello stesso sesso, sulla sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa, sulla ordinazione sacerdotale delle donne e sul pentimento come condizione necessaria per l'assoluzione sacramentale. Papa Francesco, confermando le linee generali della Chiesa, ha risposto richiamando l'attenzione su prudenza e carità pastorale, ritenute condizioni necessarie, rispettivamente, per discernere adeguatamente su talune questioni, e sulle conseguenti decisioni da assumere.

 

Conclusioni

I lavori si sono conclusi il 29 ottobre scorso con un documento finale articolato in tre parti: 1. Il volto della Chiesa sinodale, 2. Tutti discepoli, tutti missionari, 3. Tessere legami, costruire comunità.  Ciascuna, per ogni capitolo, contiene le convergenze, le questioni da affrontare e le proposte emerse per preparare le conclusioni affidate al Papa. In questa fase è stato introdotto il concetto riferito alla sinodalità che potrebbe suscitare confusione o preoccupazione. Per questo motivo, nella Relazione finale, si suggerisce di approfondire, prima della prossima Sessione, la nuova terminologia concettuale, attraverso lo studio di due documenti fondamentali: La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa (2018) e Il sensus fidei nella vita della Chiesa (2014).  

I vescovi, nel prendere atto della nuova povertà generata dalle guerre che stanno insanguinando il mondo, hanno richiamato l'attenzione dei cristiani, anche in ambito sociale, fino ad arrivare, se necessario, alla denuncia pubblica delle ingiustizie perpetrate, non solo dai governi, ma da qualsiasi struttura della società, in tutte le sue forme. L'impegno che ne consegue è la partecipazione alla vita pubblica, in difesa della dignità umana, traendo forza e ispirazione dalla dottrina della Chiesa cattolica. Una considerazione la vorrei riservare alla «Conversazione nello spirito», perché ritengo sia un modello da attuare nella quotidianità perché prestare e ricevere ascolto, oltre a costituire rispetto reciproco, rappresenta uno strumento per valorizzare le risorse della persona e quindi della comunità nella quale operiamo.


QUANDO NEGLI ANNI SESSANTA SI FINGEVA DI ESSERE BENESTANTI

Marco Pepe

 

Nuovi Orientamenti, n. 184 – aprile 2024

 

Nell’ormai storica cornice dell’Oratorio, l’Associazione «Lello Nuzzi, gli amici per il teatro», della parrocchia Maria SS. Annunziata di Modugno, ha presentato Fumo negli occhi, commedia brillante, scritta da Raffaele (Faele) Sposito e Carlo Romano. Il contesto è quello degli anni Sessanta, notoriamente caratterizzati da aspetti che hanno segnato la storia del nostro Paese, e non solo. Sono gli anni della ripresa economica, durante i quali i primi elettrodomestici iniziano a invadere le case degli Italiani; sono gli anni della XVII Olimpiade a Roma, dell’elezione di John Fitzgerald Kennedy (20 gennaio 1961) quale 35° presidente degli Stati Uniti e del suo assassinio (22 novembre 1963), gli anni della contestazione giovanile, della musica, dei Beatles, e di molto altro ancora. Un classico del teatro popolare italiano che racconta la storia di una famiglia ossessionata dal desiderio irrefrenabile di ostentare benessere a qualsiasi costo, fino a simulare il possesso di un televisore mediante l’acquisto della sola antenna da porre in bella vista per i vicini, il rumore dell’aspirapolvere, per far credere di possederlo. La commedia pone l’accento sulle deviazioni della Società nella quale, ancora oggi, la carriera, il successo, la ricchezza sono considerati priorità assolute.

Questa la sintesi: Teresa (Daniela Saliani) è sposata con Carlo Cucumazzo (Piero Di Nanna), un bancario succubo della propria moglie: i due hanno due figli adolescenti, Lello (Francesco Schiavone), giovane dedito allo yoga e Patrizia (Maria Chiara Di Nanna), provetta cavallerizza, senza cavallo. Abita nella loro casa anche il nonno, sergente degli Alpini, reduce di guerra (Giovanni Mangialardi), con una frizzante domestica salentina al loro servizio (Mara Sanseverino). Teresa, in preda alla sua ossessione, costringe tutta la famiglia a restare chiusa in casa per simulare un viaggio a Capri in modo da provocare l’invidia della vicina di casa, Laura Paparusso (Annalisa Pellecchia), anch’ella in costante competizione: suo marito, bancario, è un subalterno di Carlo. In un susseguirsi di esilaranti situazioni si introduce in casa un ladro (Vito Cramarossa) la cui presenza consente di smascherare tutto e riportare all’essenziale la vita della famiglia.

La recitazione, si sa, è arte, e con essa, la capacità di immedesimarsi nel personaggio fino a renderlo vero, presente e comunicativo attraverso l’interpretazione degli attori che sono stati straordinari nel rappresentare circostanze, modi di pensare e stati d’animo. Si percepisce l’amarezza di un marito nel sentirsi inadeguato a sostenere le aspettative economiche della propria moglie, a sua volta intraprendente e determinata nel raggiungere i propri scopi attraverso una strategia imposta a tutta la famiglia, figli compresi. Percepibile l’angoscia della vicina nel disperato tentativo di salvare il proprio marito dai problemi con la giustizia, quali conseguenze dell’aver voluto vivere oltre le possibilità finanziarie.

La commedia, pur nell’ironia, ha riproposto un problema che interessa molte famiglie italiane che, in questi ultimi anni, hanno fatto sempre più ricorso al credito per l’acquisto di beni di consumo. Certo, le motivazioni possono essere diverse, ma il tema sollevato è certamente uno dei fattori che alimenta il fenomeno. Da una mappa del credito redatta dalla CRiF, (Centrale Rischi Finanziaria SpA) è stato appurato che più di un italiano su due ricorre ai finanziamenti, in pratica il 51,40% della popolazione maggiorenne, con una crescita dell’11,80% rispetto al 2022.

Anche il dato riferito all’importo della rata media rimborsata ogni mese, è indicativo: 322,00 euro, il 5,6% in più rispetto ai dati del 2022). La Banca d’Italia, dal proprio osservatorio, evidenzia come i prestiti per finalità di consumo rappresentino ormai un quarto del totale dei finanziamenti alle famiglie. C’è anche da dire, però, che la situazione di questi ultimi anni presenta uno scenario controverso: se da un lato la pandemia e le guerre, con conseguente aumento dei prezzi, producono insicurezza e quindi una tendenza al risparmio, dall’altro resta consoli dato il desiderio di mantenere invariato il tenore di vita, ricorrendo alle comode rate mensili che spesso diventano insostenibili, complice l’accesso facilitato al credito offerto dalle società finanziarie.

Considerazioni a parte, le rappresentazioni sono state piacevoli e hanno fatto registrare il tutto esaurito; nella serata del 28 gennaio, è intervenuto Mauro Pulpito, volto noto della televisione locale, che ha rivolto alla platea un breve saluto facendo i complimenti a tutta la compagnia. Oltre agli interpreti, è doveroso ricordare la scenografia e i costumi curati da Mena Ardito; le luci e l’amplificazione di sala curati da Giuseppe Menolascina e da Enzo Sblendorio, la regia di Geremia Capriuoli e il prezioso coordinamento di Dina Lacalamita.

L’impegno dell’Associazione “Lello Nuzzi gli amici per il teatro” continua nell’offrire alla cittadinanza il proprio contributo in termini ricreativi e culturali e, d’intesa con il parroco don Nicola Colatorti, nel sostenere l’Oratorio, coniugando così la passione per il teatro con la solidarietà.


POSSONO LE COPPIE OMOSESSUALI ESSERE BENEDETTE?
La novità del documento “Fiducia supplicans” e il dibattito su di esso all’interno della Chiesa

Marco Pepe


Nuovi Orientamenti, n. 185 – luglio 2024

 

Il 18 dicembre u.s., il Dicastero per la Dottrina della Fede, con l’approvazione di papa Francesco, ha pubblicato la dichiarazione Fiducia supplicans (FS) - sul senso pastorale delle benedizioni - suscitando, come era prevedibile, le reazioni dell’ala conservatrice della Chiesa per l’apertura alle benedizioni delle coppie omosessuali in modalità extra liturgica, senza forme rituali approvate. 

Le perplessità espresse da parte di alcuni episcopati, a testimonianza della delicatezza dell’argomento, hanno comportato ulteriori approfondimenti, che il Dicastero della Dottrina delle Fede ha fornito il 4 gennaio scorso, attraverso un comunicato stampa. Il tema era tra quelli della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, tenutasi dal 2 al 27 ottobre scorso, rispetto ai quali è stata fornita una sintesi in un mio precedente articolo. (Nuovi Orientamenti, n. 183 — dicembre 2023, L’Instrumentum laboris, documento della Chiesa universale). 

I tempi cambiano e determinano nuovi processi che interessano anche la Chiesa e la comunità cristiana che si interroga se attenersi scrupolosamente agli insegnamenti della dottrina, oppure essere comprensivi verso le nuove forme di vita che si vanno affermando. Il dilemma, in pratica, è tra il non cambiare nulla, ritenendo che il mutamento rappresenti una forma di sacrilegio, e la contestualizzazione del messaggio cristiano nel clima socioculturale del momento. San Giovanni XXIII, all’apertura del Concilio Vaticano II, introdusse i lavori con queste lungimiranti parole: «Occorre che questa dottrina certa e immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi». 

A distanza di oltre sessant’anni, ancora oggi, risuona attuale quel monito, che incoraggia la Chiesa nell’affrontare i grandi cambiamenti, non distogliendo lo sguardo da coloro che si rivolgono ad essa, con animo fiducioso. Il rito delle benedizioni occupa un posto importante nella pietà popolare, perché anche attraverso di essa il popolo di Dio esprime la propria fede; il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), chiarisce che “fra i sacramentali ci sono innanzi tutto le benedizioni (di persone, della mensa, di oggetti, di luoghi). Ogni benedizione è lode di Dio e preghiera per ottenere i suoi doni”. In Cristo, i cristiani sono benedetti da Dio Padre con ogni benedizione spirituale (1671). Il contesto che ha determinato la Dichiarazione richiama il Responsum ad dubium, pubblicato il 22 febbraio 2021 dalla Congregazione della Dottrina della Fede, nel quale, pur affermando che la Chiesa non ha il potere di benedire unioni fra persone dello stesso sesso, si apre a quelle in favore di persone omosessuali, approfondendo i risvolti pastorali.  Papa Francesco, proprio sulle benedizioni, ha tenuto una catechesi specifica (Udienza generale del 2 dicembre 2020, Catechesi sulla preghiera, 17. La benedizione) precisando che è Dio che benedice e che nei racconti della creazione (Genesi 1-2), Dio benedice continuamente la vita. Gesù Cristo, una benedizione per tutta l’umanità, ci ha salvato tutti, “mentre eravamo ancora peccatori” (Rm 5,8). 

In Europa le conferenze episcopali di Polonia e Ungheria hanno espresso forti perplessità rispetto alle novità introdotte, ritenendole ammissibili solo se impartite individualmente a ciascuna delle due persone componenti la coppia, per evitare confusione e scandalo. La Chiesa africana ha fornito le proprie valutazioni attraverso un documento, che ha ottenuto l’assenso alla divulgazione da parte di papa Francesco e del card. Victor Manuel Fernàndez. Il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, presidente del SECAM (Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madagascar), pur lasciando liberi i vescovi di agire nell’ambito delle loro diocesi, ha dichiarato che tali benedizioni non possono essere attuate in Africa senza esporsi a scandali, perché il linguaggio di Fiducia supplicane rimane troppo sottile per essere compreso dalle persone semplici.

Un’altra posizione critica è quella del cardinale Robert Sarah, (uno dei cinque cardinali che hanno sottoscritto i dubia), il quale auspica maggiore attenzione affinché non si crei confusione; lo fa citando il Vangelo di Matteo: “Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. (Mt. 18,6)
Per l’Europa, invece, una delle voci autorevoli è quella del card. Gerhard Ludwig Müller, dal 2012 al 2017 Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha definito la benedizione delle coppie gay una blasfemia 161, perché i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio contraddicono alla volontà di Dio e pertanto non possono essere benedetti.
Si tratta di un problema che, sempre secondo Muller, è emerso sotto la spinta di una mentalità secolarizzata e sempre più lontana dalla Dottrina della Chiesa. Il fondamento risiede nel Catechismo della Chiesa Cattolica che, all’art. 2357 a proposito di castità e omosessualità, recita testualmente: “La Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati”.

Per queste ragioni appare evidente, come è stato osservato, che per poter aprire alle benedizioni delle coppie gay, è stato necessario ampliare il concetto di benedizione, in modo da accompagnare, con benedizioni spontanee e pastorali (non liturgiche o ritualizzate) il cammino di chi vive nel peccato o comunque in situazioni difformi dalla Dottrina della Chiesa, senza, ovviamente, ratificare il proprio stile di vita, ma fornendo la vicinanza.
Rispetto a questo scenario è opportuno considerare, però, che la Dichiarazione è molto chiara su alcuni aspetti: prima di tutto che la benedizione non sancisce la bontà di una relazione e neanche la legittima; l’attenzione a non generare confusione risiede nei due concetti chiave del Documento: il “discernimento” e la “carità pastorale”. Il discernimento, per valutare attentamente se la richiesta non sia un modo per legittimare o rivendicare una determinata situazione; la carità pastorale, invece, per esaudire la richiesta di benedizione, “accogliendo con rispetto, compassione e delicatezza, evitando ogni marchio di ingiusta discriminazione” (CCC, 2358).
Le indicazioni sono precise anche sulla forma: le benedizioni dovranno essere brevi, non dovranno essere impartite contestualmente a riti civili di unione, e in relazione ad essi; nulla deve far pensare che sia riconducibile al matrimonio, neanche per gli abiti, gesti o parole che possano confondere; non dovranno essere impartite in prossimità di altari, per evitare che diventino un atto liturgico (o semi-liturgico), simile a un sacramento.
La richiesta di benedizione rappresenta, quindi, la scelta di affidarsi alla Chiesa per affrontare le condizioni di umana fragilità, un implicito riconoscimento di salvezza e protezione che potrebbe diventare fonte di grazia per ricondurre la propria vita secondo il messaggio della Chiesa.

Il tema resta complesso e per questo, forse, chiedersi come si comporterebbe Gesù di fronte ad una tale richiesta potrebbe aiutare negli approfondimenti personali. La risposta è tra le righe di una riflessione che l’arcivescovo di Firenze, card. Giuseppe Betori ha affidato alle colonne di Avvenire, in merito alla Fiducia Supplicare, ricordando che Dio fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt. 5,45). Quindi l’amore di Dio è infinito e, soprattutto, non discrimina e non allontana mai nessuno che si avvicini a Lui (FS, 33).
Papa Francesco, su La Civiltà Cattolica, [8] ha definito la Chiesa come un “ospedale da campo” e, aggiungerei, che spesso si trova nelle condizioni di dover affrontare determinate situazioni come un chirurgo che su un campo di battaglia deve agire senza poter consultare i libri di medicina. 

Se è vero che il compito del magistero della Chiesa, nei riguardi del popolo di Dio, è quello di salvaguardarlo dalle deviazioni e dai cedimenti, affinché possa professare senza errore l’autentica fede, credo sia altrettanto plausibile che soffermarsi troppo su taluni aspetti potrebbe “porre in ombra la forza incondizionata dell’amore di Dio, su cui si fonda il gesto della benedizione” (FS 12).
La Chiesa credo stia attuando la misericordia di Dio, attraverso il discernimento e la carità pastorale; dal mio punto di vista, concludo con una frase attribuita a Pietro il Venerabile, Abate di Cluny; Meglio andare all’inferno per essere stato troppo misericordioso, piuttosto che andare in paradiso senza aver conosciuto la misericordia di Dio.


E.M.C. SRL: UNA SOLIDA REALTÀ ECONOMICA DEL NOSTRO TERRITORIO
Dalla passione del “piccolo leoncino”, la scalata al successo nazionale

Marco Pepe


Nuovi Orientamenti, n. 186 – novembre 2024


Tra le imprese con elevato standing, riconducibili al nostro territorio, possiamo annoverare la EMC SRL, società con sede operativa a Modugno in Via Maestri del Lavoro, che opera nel settore impiantistica e automazione, dotata di una notevole esperienza maturata nella gestione di progetti tecnologici complessi per clienti pubblici e privati. Questa realtà ha trovato riscontro anche in ambito nazionale tanto che la Rai ha dedicato all’EMC un servizio con il quale sono state presentate peculiarità e punti di forza.
Tale risonanza non poteva lasciare indifferente la nostra rivista, da sempre vicina al territorio, e pertanto abbiamo voluto approfondire alcuni aspetti legati ai prestigiosi risultati conseguiti, parlandone direttamente con i vertici aziendali.
Con il prof. Raffaele Macina, in un caldo pomeriggio autunnale, siamo stati ricevuti, molto cordialmente, da Nicola Di Cristo e da suo nipote Flavio, rispettivamente dominus ed Executive Manager della Società, per ripercorrere insieme tappe ed aneddoti legati alla meravigliosa avventura che ci è stata raccontata.
Cominciamo subito col dire che la lucida narrazione, che non ha nascosto una punta di emozione, ha dimostrato che la passione, il sacrificio, la lungimiranza, il coraggio, sono elementi basilari che determinano il successo ed il suo consolidamento. Nicola Di Cristo racconta la sua esperienza di giovane apprendista che, presso l’Italcementi di Modugno all’età di sedici anni, si confronta con la realtà dei grandi impianti per l’automazione restandone affascinato. Nel 1972, spinto dalla passione e dalla voglia di costruire il proprio futuro, lascia la Cementeria, dopo essersi guadagnato l’affettuoso appellativo di “piccolo leoncino” per la determinazione dimostrata, e approda in Fiat dopo per averne fatto regolare domanda. Sulla base dell’esperienza maturata sul campo, in Italcementi prima e in Fiat poi, comincia l’avventura di imprenditore in Via Bologna a Modugno investendo coraggiosamente la liquidazione ottenuta dove, con diciotto operai, affronta la prima vera commessa su Napoli che dà inizio alla nuova avventura.
Nel 1989 nasce la “EMC srl” che, agli inizi degli anni Novanta, comincia a farsi strada acquisendo commesse da clienti importanti, del calibro di Baker Hughes (Nuovo Pignone), società leader di tecnologia al servizio dell’energia per clienti in tutto il mondo, di Isotta Fraschini Motori Spa, società direttamente controllata da Fincantieri. Qui l’aneddoto, che ha in sé la chiave della prima svolta: la EMC SRL non vince la gara, indetta dalla Isotta Fraschini per la produzione di quadri elettrici destinati ad una importante azienda svedese. La gara se l’aggiudica, invece, un’altra azienda che però non si dimostra all’altezza e deve rinunciare all’incarico. In una situazione di estrema urgenza e difficoltà l’Isotta Fraschini, per non incorrere in situazioni legali che l’avrebbero potuta danneggiare, ricorre in extremis alla EMC SRL che, oltre a risolvere il problema alla società appaltante, onora egregiamente la commessa, dando inizio alla scalata verso traguardi lusinghieri. La sintesi, per chi ama rapportarsi con la saggezza popolare potrebbe essere questa: Ogni impedimento è giovamento

Nel 2010, all’indomani dell’importante crisi mondiale del settembre 2008, per effetto del fallimento per bancarotta della Lehman Brothers, una delle più grandi banche d'affari degli Stati Uniti, perpetuatasi nell’anno successivo per effetto dell’esposizione delle banche europee, si verifica una seconda importante svolta. Mentre buona parte delle realtà commerciali soffrono l’incertezza del futuro, seriamente compromesso dall’effetto domino della crisi, l’EMC attua, in controtendenza, un’operazione societaria coraggiosa e lungimirante: la fusione, per incorporazione, delle altre Società riconducibili alla famiglia: la D&D e D.G.F., dando vita, quindi, ad un'unica realtà che, attraverso il consolidamento delle attività e passività, intraprende, con maggior sicurezza, il cammino verso la conquista di nuovi mercati.
Attualmente l’EMC è una Srl — con socio unico — il cui capitale sociale è interamente detenuto dalla Di Cristo Holding, ed è gestita da un Consiglio di Amministrazione composto da: Nicola Di Cristo, presidente, al quale spetta la rappresentanza legale della Società, dal dott. Giuseppe Di Cristo, vicepresidente, e dal dott. Fabio Di Cristo, amministratore delegato. La Società dispone di un organico composto da cinquantanove dipendenti, adeguatamente formati per le attività da svolgere, tra i quali cinque ingegneri che si occupano, oltre che di quadristica, impiantistica, cablaggio e collaudo, anche della componente software per l’aggiornamento dei programmi.
La struttura operativa è composta da quattro Business Units: Automazione industriale e navale; Smart Building e Facility industriale; Green Energy; Edilizia e Impiantistica Pubblica.
A queste si aggiunge il Dipartimento Ricerca e Sviluppo (Research and Development) che si occuperà dell’innovazione scientifica e tecnologica della EMC, inaugurando alcuni importanti progetti volti ad ampliare la gamma di soluzioni offerte. In quest’ottica è in corso una nuova organizzazione interna che prevede un potenziamento delle risorse attraverso qualificate figure professionali:


• L’Executive Manager, Flavio Di Cristo (settore legale) che vanta una notevole formazione gestionale, maturato in molteplici esperienze nel settore industriale;
• Il Technical Operations Manager, Daniele Laforgia (ingegnere elettronico) che ha maturato esperienze di rilievo nel settore dell'impiantistica di potenza e controllo/automazione industriale, navale militare e cruise, controllo/automazione ferroviaria;
• Il Research and Development Manager, Massimiliano Mastrangelo (ingegnere di ricerca e sviluppo, con un dottorato di ricerca in ingegneria meccanica), con esperienze di rilievo nel settore della ricerca accademica presso la University of Twente (NL);
• Il Legal Officer, Domenico Ricciardi (legale d’impresa), con importanti esperienze nel settore dell’intermediazione finanziaria e nella gestione della contrattualistica d’impresa.

 

La composizione dei nuovi dipartimenti non si fermerà a questi ingressi ma è stata redatta una roadmap di investimenti in capitale umano che proseguirà per tutto il 2025. Tra i punti di maggiore attenzione, quindi, il reclutamento di personale qualificato ritenendo fondamentale la formazione per affrontare, con sicurezza, la sfida sempre più impegnativa dell’innovazione tecnologica, soprattutto con l’avvento dell’intelligenza artificiale che impone un adeguamento strutturale e organizzativo nell’ambito dei prossimi cinque anni. Da qui, l’intesa per attuare un percorso formativo in Confindustria, di concerto con l’agenzia “Umana”, che ha ottenuto la validazione del progetto, al fine di reperire di nuove figure professionali da inserire nell’Organico, prevedendo un tutor interno, per una formazione personalizzata. Alcune di queste figure professionali, dopo un determinato periodo di stage, hanno ottenuto un contratto triennale per aver mostrato una particolare propensione all’apprendimento e un convinto interesse ad essere parte integrante della mission aziendale. È nelle intenzioni della Società esportare due progetti di ricerca con l’Università di Bari, uno con Fincantieri (Isotta Fraschini), l’altro con il Dipartimento di ingegneria meccanica e di Fisica.
Per l’EMC i tempi attuali segnano un momento di crescita molto importante per la gestione societaria, poiché come sostiene il presidente Nicola Di Cristo l’importante lavoro sin qui svolto, unitamente alla consolidata esperienza e grazie alla scelta di aver sempre reinvestito gli utili, ha spianato la strada per il successo, consentendo di ottenere la tranquillità finanziaria per guardare favorevolmente al futuro; tutto questo senza dimenticare l’apporto significativo fornito dalle banche, all’epoca presenti sul territorio modugnese (la Bcc di Modugno e Banca di Roma) e le agevolazioni finanziarie previste dalla Legge 23 dicembre 1999, n. 488 — in materia di finanza agevolata per la copertura degli investimenti, in sede di start up. Le attività riguardano diversi settori, industriale, residenziale, pubblico, turistico, commerciale, sanitario e militare, mentre le commesse riguardano prestigiosi gruppi industriali italiani anche se, lo stretto legame con Fincantieri, consente alla Società di lavorare con importanti gruppi stranieri, anche in termini di assistenza e manutenzione.
A tal proposito meritano un cenno le realizzazioni eseguite presso la Fiat-Sata di Melfi, Isotta Fraschini Motori SpA, Fincantieri, BHGE Bari- Nuovo Pignone Srl, Acquedotto Pugliese, Bridgestone Italiana manufacturing SpA, Dana Graziano Srl, Università della CalabriaIn ambito sanitario è stato realizzato, lo scorso anno, il progetto di “Rifunzionalizzazione e messa a norma del Presidio Ospedaliero San Paolo”, mentre tra le attività importanti in corso vi è la partecipazione al progetto del “Nuovo ospedale San Cataldo - Taranto” (stato di avanzamento lavori quasi completato) che riguarda un importante centro sanitario regionale, con una superficie di 260mila metri quadrati, struttura su 4 livelli, 715 posti letto, 70 ambulatori, 28 sale di diagnostica, 19 sale operatorie, 2.300 posti auto, un eliporto.
Da quanto è emerso appare evidente che queste realtà, espressione del territorio modugnese, meriterebbero una maggiore visibilità, per trasmettere un messaggio di positività ai giovani che intendono intraprendere iniziative a carattere imprenditoriale. Una valida ipotesi potrebbe essere quella avanzata dal prof. Macina, a conclusione della nostra visita, di prevedere, nell’ambito della Fiera del Crocifisso, una sezione speciale dedicata alle imprese di Modugno in modo da mettere in contatto il mondo imprenditoriale con la cittadinanza e soprattutto con i giovani, per consentire loro di assumere le decisioni perché, così come per la EMC SRL, “dietro ogni impresa di successo, c’è qualcuno che ha assunto una decisione coraggiosa” (Walter Bagehot, economista).


NON BISOGNA FARE UN’ALTRA CHIESA, MA UNA CHIESA DIVERSA
Il Sinodo indica i grandi problemi della società postmoderna per ripensare la missione cristiana nel mondo


Marco Pepe


Nuovi Orientamenti, n. 186 – novembre 2024


Dopo la prima sessione del Sinodo dello scorso anno si è tenuta a Roma, dal 2 al 27 ottobre, la seconda tornata, durante la quale, sulla base delle indicazioni raccolte nella Relazione di Sintesi (RdS), si è affrontato il nuovo tema: “Come essere Chiesa sinodale in missione?”. Il cardinale maltese Mario Grech, dal 2020 segretario generale del Sinodo dei vescovi, ha ricordato che l’obiettivo è quello di individuare le modalità con le quali procedere, rispetto alle indicazioni ricevute nei diversi contesti, affinché ciascun battezzato possa assumere uno “stile di vita (nuovo), basato sulla conversione permanente”. Molte le iniziative di approfondimento. Ai contributi pervenuti alla segreteria si sono aggiunti quelli dell’incontro internazionale - “I Parroci per il Sinodo” (Sacrofano [Roma], 28 aprile-2 maggio 2024) - al quale hanno preso parte i sacerdoti impegnati nell’ambito parrocchiale. Alla stesura dell’Instrumentum laboris (IL) hanno contribuito cinque gruppi di lavoro, composti da esperti di diversa provenienza e condizione ecclesiale, con gli approfondimenti teologici, che proseguiranno anche oltre la data di conclusione del Sinodo, poiché papa Francesco ha affidato a dieci Gruppi di studio alcune tematiche sulle quali si dovranno produrre le conclusioni entro giugno 2025.

 

Struttura dell’Instrumentum Laboris
La parte introduttiva dell’IL ripercorre il cammino fatto nella prima sessione (4-29 ottobre 2023) nella quale sono state evidenziate le conclusioni che hanno prodotto la RdS, documento che raccoglie punti di convergenza e divergenza, sui quali è stato ritenuto opportuno continuare gli approfondimenti. In tale ambito è stato riservato uno spazio alla riflessione sul ruolo delle donne nella Chiesa e su come valorizzare al meglio la loro presenza nei ruoli e nei processi decisionali, nella consapevolezza che, per procedere in tale direzione, è opportuno “cambiare la mentalità”.
Non è stato deciso nulla sul diaconato femminile, anche se resta un tema sul quale dovranno continuare gli approfondimenti teologici: il cardinale Victor Manuel Fernandez, prefetto del Dicastero per la Dottrina della fede, terrà incontri con coloro che desiderano presentare «idee sul ruolo delle donne nella Chiesa»; inoltre sarà sempre attiva la Commissione presieduta dal cardinale Giuseppe Petrocchi.
L’IL è composto, oltre all’introduzione, dai Fondamenti, (IL 1-21) per la comprensione della sinodalità, a cui seguono tre parti: la prima dedicata alle Relazioni, la seconda ai Percorsi, la terza ai Luoghi.

 

  1. Le Relazioni (IL 22-50) sono quelle con Dio, tra i fratelli e le sorelle, e soprattutto tra le diverse Chiese, dalle quali sono stati espressi concetti molto interessanti per meglio comprendere il messaggio sinodale: l’iniziazione cristiana attraverso il battesimo; la relazione tra le persone, quindi la famiglia come preziosa palestra di sinodalità; il rapporto tra le Chiese come auspicio per un dialogo sempre più proficuo. L’Assemblea, per queste ragioni, ha avanzato l’ipotesi di creare nuovi ministeri, come quello dell’ascolto e dell’accompagnamento, “attraverso cui le persone possano essere accolte senza sentirsi minacciate o giudicate (IL 34), ipotizzando di affidarlo, prevalentemente, alle donne.
  2. Percorsi (IL 51- 79) sono intesi quale veicolo per una formazione per acquisire capacità di discernimento comunitario, utile per assumere le decisioni. Aspetto, questo, molto utile per le persone che detengono nella Chiesa incarichi apicali, per consentire loro di poter rendere conto del proprio operato con la giusta trasparenza amministrativa e pastorale, e soprattutto per recuperare margini di credibilità dopo gli scandali che, purtroppo, sono avvenuti negli ultimi tempi.
  3. Luoghi (IL 80-108), dove prendono forma relazioni e percorsi che si hanno nelle Chiese locali, nelle Parrocchie, nelle Associazioni religiose, ma anche quelli che riguardano l’intima dimensione dell’uomo alla quale si deve prestare ascolto e attenzione. Aspetto chiave della sinodalità è il rimando al sacramento del battesimo, in cui la relazione tra i due aspetti è molto stretta.

 

Battesimo e sinodalità
Papa Francesco ha definito il battesimo punto di partenza dal quale scaturisce l’uguale dignità dei figli di Dio perché essere battezzati comporta non solo una reale partecipazione del popolo di Dio alla vita della Chiesa, ma anche un impegno ecclesiale irrinunciabile. Il legame tra battesimo, sinodalità ed ecumenismo appare evidente, se si considera la definizione attribuita ai fedeli dal Libro II del Codice di diritto canonico3 e dalla RdS, che pone il battesimo a fondamento della sinodalità4. La stessa dignità battesimale5 è fondamentale anche per riconsiderare il ruolo delle donne nell’ambito della Chiesa, poiché offre spunti importanti per il dibattito in corso e per gli approfondimenti futuri.
Alla luce di queste considerazioni, appare evidente come sia opportuno rivalutare il sacramento del battesimo, ritenuto da molti come un rito “automatico”, necessario per poter “lavare” il peccato originale. Battesimo e sinodalità si irradiano vicendevolmente, ragione per cui è necessario assumere un nuovo stile di vita basato sull’umiltà - condizione necessaria per l’ascolto - in modo da accettare le diversità come “armonia nelle differenze”.
La RdS, tuttavia, nel riconoscere che non esiste ancora una cultura sinodale nella Chiesa, invita a promuoverla a partire dalla famiglia, palestra di sinodalità, attivando così una cultura tra le diverse generazioni6 con adeguati spazi da riservare ai giovani per un libero dialogo.

Chiesa sinodale e Vangelo
Il termine sinodalità è frequentemente utilizzato negli ultimi tempi; basti pensare che nel Documento di Sintesi lo si richiama ben 64 volte (94 l’aggettivo “sinodale”); si tratta di un termine che non è stato coniato di recente, perché la prassi sinodale è stata un modo di essere Chiesa risalente alle sue origini, come si può evincere dal Vangelo di Matteo.
Ai tempi della distruzione del Tempio (70 d.C.) l’ingresso dei Gentili nella comunità comportò una serie di contrasti con i membri delle sinagoghe e questo, per Matteo, divenne fonte di preoccupazione pastorale, che egli seppe affrontare con grande sapienza (oggi diremmo in modo sinodale).
Il passo del suo Vangelo, che più di altri inquadra il tema della sinodalità, è quello in cui afferma che grano e zizzania debbano crescere insieme fino alla mietitura (Mt. 13,29-30), a dimostrazione del fatto che bisogna preservare l’inclusione e la convivenza di tutte le sensibilità e lasciare al Mietitore alla fine dei tempi la scelta di estirpare la zizzania. Fino al Giudizio, quindi, tutti dovrebbero trovare posto nella Chiesa che, è bene ricordarlo sempre, non è una comunità di giusti, ma di peccatori, per i quali Gesù Cristo è morto sulla croce.

Il sinodo e i giovani
C’è da chiedersi quanti tra i giovani (e non solo) siano al corrente del cammino sinodale in corso e dei temi che la Chiesa sta affrontando con coraggio e con non poche difficoltà. Il disinteresse per il sinodo potrebbe essere spiegato con l’opinione che la Chiesa sia arretrata, così come arretrato viene ritenuto il suo linguaggio. Gli scandali che si sono verificati, come la piaga della pedofilia, non aiutano certo a migliorare il rapporto dei giovani con la fede e a favorire la loro presenza nelle parrocchie. Rispetto a questo fenomeno, potremmo chiederci se la Chiesa abbia fatto il necessario per andarli a cercare. Il Sinodo dei giovani, che si è tenuto dal 3 al 28 ottobre 2018 sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” ha consentito al Papa e ai i vescovi di rimanere in ascolto delle loro voci e delle loro esperienze di vita, prendendo atto dei loro sogni e delle loro amarezze, e di chiedersi come dialogare con loro e come camminare insieme a loro.

Missione nell’ambiente digitale
Lo sviluppo dei social media ha creato un nuovo territorio frequentato soprattutto dai giovani, che ai rapporti della vita reale preferiscono quelli virtuali. Le ragioni sono diverse, ma qui ci interessa prendere atto che il sinodo ha dedicato al fenomeno una sua precisa attenzione, parlando della “sinodalità al tempo delle reti”, che impegna la Chiesa a nuove forme di evangelizzazione “digitale”. E stato così proposto il progetto pilota “La Chiesa ti ascolta”8, che si propone l’obiettivo di promuovere la riflessione sinodale in rete, per raggiungere il maggior numero di giovani, ma anche di adulti. La “missione nell’ambiente digitale” è un tema molto caro a papa Francesco, tanto che, nell’ambito dei lavori sinodali, è all’attenzione di uno dei dieci Gruppi di Studio9, istituiti il 22 febbraio scorso, (Terzo gruppo - La missione nell’ambiente digitale) del quale fanno parte, per l’Italia, il mons. Rino Fisichella (Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione), il don. Paolo Ruffini (Prefetto del Dicastero per la Comunicazione) e il rev.do p. Antonino Spadaro (Sotto-Segretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, già direttore della rivista La Civiltà Cattolica).
La Relazione di Sintesi, nelle sue conclusioni, afferma che “non possiamo evangelizzare la cultura digitale senza averla prima compresa”; di qui l’impegno non solo alla esplorazione di questo nuovo mondo, ma anche alla individuazione dei modi in cui intervenire. Appare ovvio che bisognerà rideterminare le pratiche religiose e la modalità di approccio rispetto alle proprie credenze, per adeguarle anche agli ambienti on line. E una nuova ed avvincente sfida che la Chiesa si appresta a compiere, che sta determinando quella che è stata definita una “mediamorfosi della fede”
Gli aspetti critici, già riscontrati in tale processo, riguardano la ritrosìa, manifestata in tal senso dall’ala più conservatrice della Chiesa (anche da parte di giovani sacerdoti), come ha evidenziato una recente indagine realizzata dalla facoltà di Scienze sociali della Pontifìcia Università Gregoriana, e dalla preparazione degli “influencer digitali” per il rischio che potrebbero diffondere i contenuti della fede con approssimazione o con eccessiva autoreferenzialità: tutti aspetti che rendono necessaria un’adeguata formazione teologica.

La parrocchia, sinodalità vissuta dal basso
Una nota pastorale della CEI fornisce una chiara immagine della parrocchia, definendola “immagine concreta del desiderio di Dio di prendere dimora tra gli uomini”. Grazie alla parrocchia la Chiesa vive in mezzo alle nostre case, realizzando l’idea di una Chiesa che “cammina insieme con l’umanità tutta” (Gaudium et spes, 40, “Mutua relazione tra Chiesa e mondo”). Ognuno di noi ha avuto una relazione con la parrocchia, perché la fede non è un percorso solitario, ma uno strumento necessario alla Comunità per crescere, maturare e vivere insieme per realizzare interamente il progetto cristiano, coinvolgendo tutti i battezzati: è in questo ambito, soprattutto, che si vince o si perde la sfida della sinodalità. Spesso la parrocchia è soggetta a critiche, talvolta condivisibili; non è, però, il concetto in sé di parrocchia che è sbagliato, forse è il nostro modo di interpretarlo o di viverlo: c’è ancora molto da fare affinché questa importante realtà sia più vicina alle persone e si orienti all’ascolto e al coinvolgimento dei fedeli sulla base delle diverse sensibilità.
È opportuno modificare due aspetti complementari: da un lato il modo di intendere i rapporti tra le persone, i legami nell’ambito della comunità, l’approccio con le attività liturgiche, formative e di servizio; dall’altro l’atteggiamento, ossia la “postura interiore” da assumere, chiedendosi, costantemente, se ci si apre agli altri oppure si è impegnati a difendere gli spazi conquistati, funzionali per ottenere ruoli di prestigio, se così possono definirsi.
Le criticità devono essere affrontate nella consapevolezza che, in una società secolarizzata, diventa sempre più difficile la missione dei cristiani, ragione per la quale la parrocchia deve essere non solo uno strumento per il mantenimento della fede, ma soprattutto un mezzo per favorirla. Qualche tempo fa, era più semplice, poiché si trattava di annaffiare e potare una pianta rigogliosa; oggi, invece, è necessario piantare un seme nuovo, seguirne la crescita con la capacità di saper leggere il segno dei tempi per adeguare, di conseguenza, la nostra mentalità e la missione pastorale.

Approfondimenti: i gruppi di studio
L’approfondimento teologico di alcuni importanti temi, individuati da Papa Francesco e contenuti nella RdS, è stato affidato a dieci gruppi di studio che continueranno il proprio lavoro anche oltre la conclusione del Sinodo. La complessità degli argomenti suggerisce una “costante formazione”, necessaria per affrontare tutti gli aspetti emersi nel corso del dibattito sinodale, non soltanto con piani formativi teorici, ma tenendo conto dei contesti, delle tradizioni e dei luoghi. Molte Chiese, ad esempio, segnalano di non essere preparate all’ascolto, perché i tipi di povertà sono molteplici e richiedono una specifica preparazione per affrontarli con la giusta convinzione. Di tale aspetto si occupa il “Gruppo di studio n. 3”, mentre della formazione dei candidati al sacerdozio si sta occupando il “Gruppo di studio n. 4”.
Anche l’istituto pettino, l’IL, propone di rilanciare quella che è stata definita una “salutare decentralizzazione”, ipotesi già sollecitata a Papa Francesco da parte di diverse conferenze episcopali, tenendo conto della Costituzione apostolica “Praedicate Evangelium”, che consente di risolvere in autonomia tematiche che non riguardino la dottrina e la comunione della Chiesa. Sarà affrontato anche il tema del ruolo dei rappresentanti pontifici in prospettiva sinodale missionaria, emerso nella prima sessione, per il delicato ruolo di rappresentanza del papa nelle zone di competenza assegnate (Gruppo di studio n. 8).

 

Conclusioni
La sinodalità è un concetto che, oltre ad essere recepito, deve essere continuamente attuato perché, per usare una metafora di Enzo Romeo, vaticanista del TG2, è “come la bicicletta: solo se si pedala si resta in equilibrio e si fa strada: se invece si resta fermi, si cade per terra”. Dai temi in discussione emergono le difficoltà espresse dai tempi che stiamo attraversando e che sollecitano la Chiesa nell’affrontarle con coraggio, supportata dallo Spirito Santo che la guida nel corso dei secoli. Se questo può apparire complicato, ci vengono in aiuto le parole di papa Francesco che, citando padre Yves Marie-Joseph Congar (1904-1995), cardinale e teologo francese, ci ricorda che “non bisogna fare un’altra Chiesa, ma una Chiesa diversa”. L’impegno, il metodo sinodale, la “conversazione nello spirito”, devono essere applicate in qualsiasi contesto per avviare un’importante operazione di restauro; non importa se nel percorso si dovessero riscontrare delle crepe: è proprio da lì che entra la luce.


È MODUGNESE IL CONSOLE DELLA SLOVACCHIA PER LA PUGLIA

Salvatore Chionno, amministratore della “Penta System”, è stato nominato console onorario della Repubblica Slovacca
per la Puglia. Per la nostra regione si aprono nuove possibilità di sviluppo, soprattutto per i suoi insediamenti aerospaziali


Marco Pepe

 

Nuovi Orientamenti, n. 187 – maggio 2025

 

La direzione di “Nuovi Orientamenti” si congratula col dott. Salvatore Chionno per la nomina a console onorario della Repubblica Slovacca per la Puglia, avvenuta a novembre del2024. In questo nuovo incarico il dott. Chionno si è già distinto soprattutto per il suo progetto di fare della Puglia un ponte fra la Slovacchia, e più in generale l’Europa centrale da un lato, e l’area del Mediterraneo dall’altro. La rivista “Le fonti Legal” ha inserito Salvatore Chionno nella sua “Top 50”2024-2025, che “celebra l’eccezionalità di personalità legali, professionali ed imprenditoriali che si sono distinte nell’affrontare sfide e progetti, raggiungendo traguardi significativi” (P. E Drucker). L’ultimo numero della rivista ha inserito la sua foto in copertina e ha dedicato un servizio alla “Penta System”, azienda modugnese di cui Chionno è amministratore. (R.M.)


In un’epoca in cui le relazioni internazionali diventano sempre più importanti, i rapporti tra i Paesi giocano un ruolo fondamentale per promuovere opportunità di crescita comune. Questa prerogativa diventa motivo di soddisfazione quando è la nostra regione a rivestire un ruolo chiave nel più ampio scenario nazionale. La Puglia sta stringendo rapporti culturali e commerciali importanti con la Repubblica Slovacchia, un Paese ricco di potenzialità, ormai inserita a pieno titolo nel contesto europeo, dopo aver attraversato un periodo di significative trasformazioni in ambito politico e sociale.
La Repubblica Slovacchia raggiunge la sua autonomia grazie al percorso messo in atto dal Parlamento Cecoslovacco, attraverso cui l’assemblea federale approva la “Legge costituzionale n. 542 del 25 novembre 1992”, che sancisce la divisione della Cecoslovacchia in Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca alla data del 31 dicembre 1992.
Dal 1° gennaio 1993, la Slovacchia è una repubblica indipendente, divenendo così membro dell’ONU dal 19 dello stesso mese. Entra a far parte dell’Unione Europea nel 2004, e nel 2009 adotta la moneta comune, come sedicesimo Paese della zona euro. L’intero processo di costituzione dei due Stati autonomi avviene in modo consensuale: le due nuove Repubbliche, quella ceca e quella slovacca, concordano di rispettare reciprocamente i confini e di cooperare in diversi settori, come l’economia, la cultura e la politica estera, segnando l’inizio di un nuovo corso, grazie a una maggiore integrazione commerciale con gli altri Paesi. Per la Slovacchia, quindi, è iniziato un interessante processo di sviluppo che la porta a intavolare con il nostro Paese interessanti relazioni commerciali, nell’ambito delle quali assume un ruolo importante il dott. Salvatore Chionno, nominato console onorario della Repubblica Slovacchia in Puglia.
Chionno, nostro concittadino, è amministratore della Penta System Srl, società costituita nel 1995, che opera nell’ambito degli impianti elettrici civili, industriali e tecnologici. Le ragioni della nomina sono riconducibili all’esperienza professionale che la Penta System ha maturato in campo internazionale, grazie a importanti commesse come, ad esempio, l’ampliamento di una base militare a Kuwait City, ma non solo: la Penta System opera anche nel campo del nucleare, per lo smantellamento e la ricostruzione di centrali, settore nel quale la Slovacchia possiede una esperienza maggiore rispetto all’Italia. Evidentemente la stima guadagnata nel tempo e la correttezza dei rapporti commerciali, improntati sulla serietà con la quale sono state gestite le relazioni con questo Paese, hanno determinato la scelta del presidente della Repubblica slovacca., Peter Pellegrini, di proporre, a sorpresa, tramite l’ambasciatrice Karla Wusterova, la nomina a console onorario del dott. Chionno durante una colazione di lavoro tenutasi presso la reggia di Caserta.
Il 14 e 15 gennaio di quest’anno, il presidente Pellegrini ha fatto la sua prima visita ufficiale in Italia con una delegazione composta, oltre che dalle alte cariche istituzionali slovacche, anche da importanti istituti e associazioni di consulenza per le imprese europee che vogliano investire in Slovacchia.
Durante la visita ufficiale è chiaramente emerso l’interesse della Slovacchia e dell’Italia per una intensa collaborazione soprattutto nel settore aerospaziale, coordinato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), di cui fa parte dall’ottobre del 1992 anche la Repubblica Slovacca. 

La collaborazione fra Italia e Slovacchia nel settore aerospaziale coinvolge direttamente la nostra regione, che, come è noto, è sede di importanti realtà produttive del settore dislocate nelle città di Grotta- glie, Brindisi e Foggia. Di qui l’interessante prospettiva di una collaborazione fra Slovacchia e Puglia, soprattutto per progetti di ricerca., per la fornitura di componenti e tecnologie e, non ultima, per la partecipazione a bandi e finanziamenti europei, con lo scambio di know-how e competenze tecniche.
“La condivisione delle competenze”, afferma il dott. Chionno, è un obiettivo prioritario; per questa ragione, sono in programma degli incontri con l’Università di Bari per stabilire accordi bilaterali con le Università slovacche, soprattutto nel settore nucleare”. Su questo aspetto è doveroso precisare che l’Università di Bari è un’importante realtà: in particolare, il Dipartimento Inter universitario di Fisica (DIF), è stato giudicato dal Ministero dell’Università e della Ricerca come “Dipartimento di Eccellenza 2023-2027.
Insomma, afferma ancora il dott. Chionno, “la Puglia, con l’industria meccanica e aerospaziale, con i suoi prodotti agricoli d’eccellenza, con le sue politiche energetiche innovative, il turismo costiero e di qualità e l’industria culturale, può essere veramente un ponte fra la Slovacchia e l’Europa centrale da un lato e l’area del Mediterraneo dall’altro”. Tenuto conto dello scenario che si delinea è quanto mai opportuno intensificare i rapporti, anche in termini di collegamenti; in questo senso, per iniziativa del dott. Chionno, un primo passo è stato conseguito: il sito della Camera di Commercio italo-slovacca ha ufficializzato il nuovo collegamento aereo verso l’Italia, con tariffe a partire da 45 euro. Ryanair ha annunciato che dal 30 marzo 2025 inizierà ad operare voli diretti tra Bratislava e la città di Bari: i voli saranno disponibili due volte alla settimana, il mercoledì e la domenica.
Oltre agli interessi economici, la Slovacchia e la Puglia sono accomunate dalla venerazione per il santo patrono di Bari. In Slovacchia, infatti, il giorno di San Nicola, conosciuto come Mikulàs, è particolarmente significativo per i bambini; il 5 dicembre, i piccoli lucidano gli stivali e li mettono vicino alla finestra affinché durante la notte San Nicola possa riempirli con cioccolatini, frutta e caramelle per chi è stato bravo, o carbone per i disobbedienti.
In conclusione, l’avvicinamento tra Puglia e Slovacchia non rappresenta solo una possibilità di crescita economica e culturale, ma anche un’opportunità per promuovere l’innovazione e la cooperazione in settori strategici. Grazie a personalità come quella del dott. Chionno e alle sinergie tra i Paesi, si apre un cammino ricco di potenzialità, in cui la condivisione di competenze e risorse potrà favorire lo sviluppo di un progetto ambizioso, con la creazione di un legame sempre più forte in ambito europeo. La strada è tracciata; ora è il momento di percorrerla con impegno e lungimiranza.


RICORDANDO LELLO NUZZI A 10 ANNI DALLA SUA SCOMPARSA
Un documentato volume raccoglie i suoi scritti e i risultati del suo impegno socioculturale nella città

Marco Pepe


Nuovi Orientamenti, n. 187 – maggio 2025

 

Soprattutto per chi segue la nostra rivista da diversi anni, la figura del prof. Lello Nuzzi è legata ai suoi approfondimenti con i quali ha documentato, nel corso del tempo, l’evoluzione della nostra città. La sua collaborazione a Nuovi Orientamenti inizia nell’ottobre del 1983, con il suo primo articolo Meteoriti a Modugno, nel quale si sofferma sulla proliferazione di segnali stradali, per la maggior parte divieti di accesso e sensi unici, definendo la circostanza una vera invasione (Nuovi Orientamenti, Anno V, n. 5, settembre-ottobre 1983, p. 5), per concludersi poi, con la pubblicazione, postuma, di un articolo a firma di sua moglie, la prof.ssa Dina Lacalamita, di un racconto ideato da Lello — in stile romanesco alla maniera di Trilussa — dedicato ad un amico con il quale Lello condivideva la malattia, dal titolo evocativo - E sarà una festa per noi che semo i trapiantati - (Nuovi Orientamenti, n. 154, luglio 2013, p. 24).

Lello non è stato solo un collaboratore; è stato soprattutto un cronista attento che ha documentato le sue ricerche con obiettività, avvalendosi della fotografia, non fine a sé stessa, ma al servizio degli approfondimenti che solo chi ama davvero la propria città può realizzare suscitando curiosità e interesse. A dieci anni di distanza dalla sua scomparsa, su iniziativa di Dina Lacalamita, è stato pubblicato il libro Lello Nuzzi. Vita, passioni, testimonianze, che raccoglie tutti i suoi articoli pubblicati su Nuovi Orientamenti e i risultati dei suoi molteplici impegni culturali, a cominciare da quelli per il teatro e per la fotografia. Il volume comprende una rassegna dedicata ai ricordi e alle testimonianze, che ha dato spazio a coloro che hanno voluto esprimere le proprie considerazioni sulla loro amicizia con Lello. La parte più consistente è rappresentata dagli articoli pubblicati su Nuovi Orientamenti, che sono suddivisi per aree tematiche.

Le grandi passioni di Lello, il teatro e la fotografia, sono affrontate, rispettivamente, nel capitolo III, dove sono stati inseriti una parte delle foto contenute nel supplemento Beni culturali a Modugno (marzo 1988) e le fotografie esposte nella mostra dal titolo Sarebbero stati 70 (settembre 2019), allestita in suo ricordo presso l’Oratorio. Tra le foto storiche, anche quelle di personaggi legati alla nostra città: Carmelo, personaggio solitario che amava transitare nei pressi dell’ospedale civile di Modugno e Jannine la Sande. La serata ha incluso alcune performance teatrali dell’Associazione “Lello Nuzzi, Gli amici per il teatro”, che ha voluto, così, testimoniare l’affetto e la vicinanza alla famiglia, proprio nel contesto in cui si è consolidata nel tempo la loro amicizia. Piero Di Nanna, Anna Lisa Pellecchia, Daniela Saliani, Vito Schiavone, Vito GCramarossa, Giovanni Mangialardi, con la regia di Geremia Capriuoli, hanno riproposto alcuni scritti di Lello. Una sorpresa, che ha emozionato la platea, si è avuta ad opera di Daniele Nuzzi, uno dei due figli di Lello, quando egli ha suonato al pianoforte la colonna sonora del film Nuovo cinema Paradiso, dedicandola al padre Ha fatto seguito, poi, la presentazione del libro, Raffaele Macina ha raccontato l’origine della collaborazione tra Lello e la rivista e si è soffermato sul metodo di inchiesta adottato da Lello nell’affrontare i problemi della città. Dai suoi articoli emerge ancora oggi quanto Lello auspicasse una Modugno più salubre e più sensibile alle problematiche autenticamente culturali.
Marco Pepe ha descritto, invece, le fasi che hanno interessato la produzione del libro, che ha richiesto un impegno di quasi tre anni, che si sono resi necessari per la raccolta, revisione e impaginazione degli articoli tratti dai numeri dell’archivio storico della nostra rivista. La conclusione dell’intervento è dedicata alla copertina del libro riguardo alla scelta dei colori che fanno da sfondo alla suggestiva immagine di Lello: il giallo per simboleggiare gli anni più belli della vita, con i sogni, le speranze e le aspettative; il verde che racconta il trascorrere ordinario del tempo nella sua quotidianità, con le gioie e i momenti tristi, e infine il blu, abbinato al declino, che simboleggia la parte conclusiva della vita. Segue la testimonianza di sua moglie, che descrive il profilo sociale di Lello: l’adesione all’Azione Cattolica, l’interesse per le attività dell’oratorio “San Giovanni Bosco” di Modugno, l’impegno nell’organizzare gruppi di preghiera e attività ricreative per i giovani, verso i quali ha svolto con passione il ruolo di educatore. E poi l’interesse per lo sport, che lo porta a fondare nel 1964, con altri amici, la U.S. Pallavolo Modugno, senza tralasciare la passione per il teatro, in ragione della quale costituisce il gruppo parrocchiale “Gli amici per il teatro”, attivo ancora oggi, per dare libero sfogo alla sua creatività, mettendo in scena spettacoli molto seguiti, specialmente durante le festività natalizie. Nonostante la malattia, che lo colpisce nel 2012, la sua passione per il teatro persiste. Il teatro diventa una risorsa vitale che lo spinge a seguire le prove tramite Skype e a partecipare alla prima dello spettacolo II senatore Fox.

Purtroppo, Lello ci lascerà, dopo alcuni mesi, il 28 gennaio 2013, all’età di 63 anni. Lello ha lasciato una eredità che vive nei suoi scritti e nello stile che ha trasmesso a coloro che hanno condiviso con lui sogni e speranze. La sua eredità culturale costituisce un punto di riferimento per chi crede in una Modugno inclusiva e sostenibile. Nel ricordo di chi ha fatto della propria vita un ponte tra il passato e il futuro di Modugno, l’impegno continua nel mantenere viva la sua visione per supportare costantemente lo sviluppo della nostra città. La bella serata si è conclusa con la lettura di Piero Di Nanna di brani di Sémo i trapiantati.
Enzo Sblendorio e Giuseppe Menolascina si sono occupati dell’audio e delle luci. Un grazie affettuoso a loro, il cui contributo è stato fondamentale per il buon esito di una manifestazione come quella che si è svolta per la presentazione del libro di Lello.


L’ISTITUTO TOMMASO FIORE HA COMPIUTO CINQUANT’ANNI
Dall’autonomia ad oggi, un'indagine sulla storia e l'impatto di un Istituto che forma generazioni e soprattutto promuove la crescita del territorio di Modugno e Grumo Appula.

Marco Pepe


Nuovi Orientamenti, n. 188 – luglio 2025


Il 16 maggio scorso è stata una data significativa per la comunità scolastica e l'intero territorio pugliese: l'Istituto “Tommaso Fiore” ha celebrato il suo cinquantesimo anniversario. Un traguardo importante, festeggiato con una cerimonia alla quale hanno partecipato, oltre ai Dirigenti scolastici, i Docenti, il Personale amministrativo e tecnico, le Associazioni del territorio con cui l'Istituto collabora, e le figure istituzionali, tra le quali il Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, dott. Giuseppe Silipo, la Dirigente Ambito Territoriale per la provincia di Bari – Ufficio III, dott.ssa Giuseppina Lotito, i sindaci di Modugno, Nicola Bonasia, e di Grumo Appula, Michele Antonio Minenna.
Non è stata una semplice ricorrenza, ma una vera e propria festa, un’occasione per ricordare la dedizione e la costanza di coloro che, in mezzo secolo, hanno reso l'Istituto un punto di riferimento educativo e culturale. Un traguardo importante, però, non è solo un'occasione da festeggiare, ma anche un momento prezioso per riflettere, un'opportunità per riavvolgere il nastro del tempo e ripercorrere la storia degli avvenimenti.
Per questo tentativo, che mi coinvolge personalmente perché sono stato studente nell’Istituto, mi sono avvalso della cortese e preziosa consulenza del professor Mario Forenza, già vicepreside dell'Istituto, che ringrazio per le sue delucidazioni.

— L'evoluzione dell'Istituto: cenni su storia e sviluppo
La genesi dell'Istituto “Tommaso Fiore” di Modugno è profondamente legata all'Istituto Tecnico Commerciale “Domenico Romanazzi” di Bari, fondato nel luglio del 1959 nel quartiere san Pasquale.
La presenza del “Tommaso Fiore” a Modugno ha avuto inizio nell'anno scolastico 1974/75, quando ha operato come sede staccata del “Romanazzi”; nell'anno scolastico 1980/81 ha ottenuto l’autonomia. Oggi, il “Tommaso Fiore” ha la sede centrale a Modugno e una sede associata a Grumo Appula, diventando anche sede dell'IISS “Colamonico Chiarulli” di Acquaviva delle Fonti.
Un'importante evoluzione si è verificata nell'anno scolastico 2006/2007 quando è avvenuta la trasformazione da Istituto Tecnico Commerciale (ITC) a Istituto d'Istruzione Superiore Statale (IISS) “Tommaso Fiore”, mantenendo invariate le sedi di Modugno (centrale) e Grumo Appula (associata). L'offerta formativa si è ulteriormente arricchita nell'anno scolastico 2007/2008, quando è stata istituita una sezione di liceo scientifico.

— Dal sogno all'autonomia: tra storia, impegno e partecipazione
Ripercorrere la storia di una scuola significa anche riconoscere il ruolo fondamentale dei suoi Dirigenti Scolastici – i "presidi", come si diceva un tempo. Lungi dall'essere meri amministratori, sono stati i veri artefici dell'identità e dell'evoluzione dell'Istituto. Attraverso il coordinamento delle attività e la ricerca costante dell'efficienza, hanno garantito la qualità della formazione, adattandola alle mutevoli esigenze degli studenti, coniugando le diverse epoche storiche della scuola alle sue trasformazioni.
Il momento dell’autonomia avviene sotto la guida del professor Giovanni Maizza, al quale è succeduto il professor Mauro Minervini, che ha ricoperto la presidenza per ben quattro anni, lasciando successivamente il posto al professor Francesco Tateo. Quest'ultimo ha diretto l'Istituto fino agli anni 2000. Nonostante la permanenza di un solo anno, è giusto ricordare anche il professor Carlo De Santis.
Successivamente, è stata la volta del professor Michele Ruggiero, al quale è subentrato il professor Eugenio (Gegè) Scardaccione, che ha ricoperto l'incarico dal 2005 al 2012, autore di diverse pubblicazioni sulla formazione scolastica.
Nel novero dei dirigenti scolastici, voglio dedicare maggior dettaglio alla professoressa Sara Giannetto, in carica, collaboratrice della nostra rivista. Il suo operato non si distingue solo per il costante impegno professionale profuso per l'Istituto, ma anche per il suo attivo interesse nel promuovere e valorizzare le iniziative culturali. Grazie alla sua visione e alle sue iniziative, il “Tommaso Fiore” si è aperto alla città, diventando un riferimento per eventi e manifestazioni culturali, spesso in stretta collaborazione con la nostra rivista. Un esempio emblematico è stata la rassegna "Gli Incontri del Millennio"; eventi che non solo hanno stimolato un vivace dibattito culturale, ma hanno dato vita a una pubblicazione conclusiva (Giannetto S., Macina R., 2023, Gli incontri del Millennio, Modugno, Edizioni Nuovi Orientamenti) che raccoglie gli interventi integrali dei rispettivi relatori. Per gli studenti dell’epoca — io tra loro — gli anni che portarono all'autonomia dell'Istituto furono di responsabilità e consapevolezze. Si avvertiva la sensazione di impegnarsi per qualcosa di davvero importante, quasi storico. Ricordo le assemblee monotematiche e le iniziative intraprese in piena sintonia con i nostri professori: eravamo uniti nel rivendicare un obiettivo comune, un traguardo significativo non solo per la nostra scuola, ma per l'intera città di Modugno.
Ricordo con particolare affetto alcuni di loro che hanno dato molto alla mia generazione, oltre ad essere stati promotori dell’intitolazione e del nuovo corso dell’Istituto: Mario Forenza, Vito Forte, Michele Marannino, Francesca Rainò, Bartolomeo Ruccia, Nicola e Michele Sblendorio (soci fondatori della nostra rivista), e anche altri di cui, purtroppo, non ricordo il nome. Per questo, mi scuso. Inizialmente, la “Sezione staccata del Romanazzi” di Modugno aveva la sua sede in Via Paradiso, dove oggi ha sede lo Studio Radiologico Raggi X, per intenderci.
Quella ubicazione durò fino agli inizi degli anni Ottanta, quando la necessità di ampliare gli spazi rese necessaria una dislocazione in tre plessi: nei locali di Via Cornole di Ruccia (seminterrato palazzo Francesco Colavecchio), nel complesso edilizio Quadrilatero e, successivamente, anche presso l'Infanzia Serena.
Con il passare del tempo questi disagi spinsero studenti e professori a unire le forze per chiedere all'Amministrazione comunale di individuare un'area idonea su cui costruire un’unica sede definitiva. Dopo una serie di incontri, fu scelta l'area dell'attuale zona mercato, (vecchio campo sportivo comunale).
Nel 1986, con decreto dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione, Franca Falcucci, fu assegnato un finanziamento complessivo di 5,5 miliardi di lire, al distretto scolastico di Bitetto, (di cui Modugno faceva parte), per la costruzione di Istituti scolastici nell’ambito del distretto. Di questo finanziamento, fu destinato all’ITC “Tommaso Fiore” di Modugno, un miliardo e mezzo per la costruzione dell’edificio scolastico. 

Lo stanziamento, però, non era sufficiente a coprire interamente i costi di realizzazione e, per questa ragione, le pressioni e le manifestazioni degli studenti si intensificarono. Furono costituite delle delegazioni, composte da studenti e professori, con l'obiettivo di sensibilizzare l'Amministrazione provinciale per reperire fondi aggiuntivi al fine di avviare i lavori. L'impegno assunto fu mantenuto. Nel 1988 l’Amministrazione provinciale ottenne, dalla Cassa Depositi e Prestiti, un mutuo di tre miliardi, che consentirono di appaltare i lavori: era arrivato il momento di dare vita alla nuova sede dell’I.T.C. “Tommaso Fiore” di Modugno, affidando la progettazione all'architetto Arturo Cucciolla, che ebbe un’innovativa intuizione: coinvolgere direttamente chi avrebbe vissuto quotidianamente la scuola – professori e ragazzi -, per ascoltare direttamente da loro, necessità, desideri e visioni. L'Istituto prese rapidamente forma sulla base delle indicazioni ricevute: furono realizzate aule ampie e adeguate, una biblioteca, una palestra e un auditoriumIl mese di marzo del 1990 segnò la fine dei lavori e, precisamente il martedì 20, le porte del “Tommaso Fiore” si aprirono: la nuova scuola poté finalmente iniziare il suo corso in una sede funzionale e adeguata alle esigenze formative.
Una volta completato l'edificio, era essenziale pensare a un'intitolazione che onorasse la sua storia e le nostre radici. Erano tempi di grande vivacità culturale, gli anni della fondazione della nostra rivista (giugno 1979), gli anni che favorirono la scelta illuminata e con profondi legami culturali con la storia e le radici del nostro Mezzogiorno.

—Intitolazione dell’Istituto: le ragioni della scelta
L'intitolazione della scuola a Tommaso Fiore è stata una scelta profonda e significativa, che trova le sue radici nel profilo di un autorevole meridionalista e nel suo pensiero, che si ricordano attraverso una breve sintesi.
Nato ad Altamura il 7 marzo 1884 da una famiglia modesta, manifestò fin da subito un profondo interesse per gli studi letterari. Nel 1920, la sua città natale lo elesse sindaco. Durante il ventennio fascista, si distinse per la sua convinta e coraggiosa opposizione al regime, subendo, per questo, il confino nel 1942 e l'incarcerazione nel 1943. Un destino tragico colpì anche suo figlio, Graziano (1925-1943), ucciso a Bari il 28 luglio 1943 in via Niccolò dell’Arca. Graziano perse la vita per mano di un reparto del Regio Esercito, Reali Carabinieri e militanti fascisti, che si schierarono contro una manifestazione pacifica di studenti che chiedevano la liberazione dei prigionieri politici.
Dopo la caduta del fascismo, Tommaso Fiore divenne un'importante figura nel panorama culturale e educativo: insegnò letteratura e grammatica latina all'Università di Bari, ricoprì il ruolo di Provveditore agli Studi e si dedicò intensamente alla scrittura fino alla sua morte, avvenuta a Bari il 4 giugno 1973, dove è sepolto nel cimitero monumentale della città.
Fiore dedicò gran parte della sua vita all'analisi dei problemi socioeconomici del Mezzogiorno, operando prevalentemente tra le due guerre mondiali e nel secondo dopoguerra. Era fermamente convinto che il Sud possedesse le potenzialità necessarie per superare una radicata convinzione di inferiorità e, soprattutto, che la conoscenza fosse lo strumento chiave per l'emancipazione. La sua opera più celebre e significativa è forse la raccolta epistolare “Un popolo di formiche” (Lettere pugliesi a Piero Gobetti). Pubblicato per la prima volta nel 1952, offre un'analisi della società contadina del Mezzogiorno, con particolare attenzione alla sua Puglia. Il titolo racchiude una metafora, di per sé significativa che descrive la condizione di un popolo spesso ignorato, considerato una massa indistinta, senza diritti, rapportato alle formiche, simbolo dell'instancabile laboriosità dei contadini del Sud, costretti a lavorare incessantemente e in condizioni spesso estreme. La scelta di intitolare l'istituto a Tommaso Fiore fu, dunque, una decisione quanto mai appropriata e lungimirante. Quella intitolazione conferì alla scuola una profonda identità culturale, un legame indissolubile con il passato e con le nostre radici. Fu una scelta fondamentale per onorare la memoria e trasmettere agli studenti i valori imprescindibili di democrazia e giustizia sociale, oltre ad essere ancor più significativa, perché attuata in un particolare momento storico di Modugno che, in quegli anni, attraversava la transizione da un'economia prevalentemente contadina ad un’altra, a vocazione industriale.

 

—Conclusione
La storia, ormai cinquantennale, dell’Istituto “Tommaso Fiore” di Modugno sintetizza un impegno costante per l'istruzione, la formazione, la cultura e i valori democratici. Questo dimostra che la scuola non è solo un luogo di formazione, ma un punto di riferimento essenziale per la comunità, capace di coniugare il passato col presente e di proiettarsi, con determinazione, verso il futuro per la crescita culturale del territorio.


LA XIII EDIZIONE DEL RADUNO DIOCESANO DELLE CONFRATERNITE
E L'EREDITÀ DI PIER GIORGIO FRASSATI
Il ruolo delle confraternite nella promozione della dignità umana e della solidarietà sociale

Marco Pepe


Nuovi Orientamenti, n. 188 – luglio 2025

 

Lo scorso 29 maggio, memoria liturgica della Beata Elia di San Clemente, si è svolto il tredicesimo raduno diocesano delle confraternite presso la Basilica dei Santi Medici di Bitonto, nel corso del quale si è tenuta una catechesi sulla figura del patrono, Pier Giorgio Frassati (santo il prossimo 7 settembre 2025).
Le Associazioni intervenute hanno raggiunto, in processione, la Concattedrale Maria Santissima Assunta, per la celebrazione eucaristia di chiusura, questa volta presieduta da don Mario Castellano, Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la pastorale. La manifestazione è stata coordinata dall'Ufficio Confraternite della nostra Arcidiocesi, guidato da don Giacomo Fazio (Direttore) e don Paolo Candeloro (Vicedirettore, parroco della Parrocchia Immacolata di Modugno), con don Angelo Ranieri e il diacono Lorenzo Petrera (Staff); a loro il compito di coordinare le attività, anche in relazione allo Statuto diocesano, in corso di revisione, che, come annunciato dallo stesso direttore, sarà emanato entro la fine di quest’anno. Dopo i saluti istituzionali e l'introduzione di don Giacomo Fazio, la dott.ssa Anna Teresa Borrelli, esperta in Diritto canonico e vice postulatrice per la santificazione di Pier Giorgio Frassati, ha parlato della vita di Pier Giorgio, nato il 6 aprile 1901 a Torino in una famiglia borghese, il quale, fin da piccolo, ha mostrato una grande attenzione verso i bisognosi. 

Gli “ultimi” hanno sempre occupato un posto speciale nel suo cuore; il suo aiuto non si è limitato all’aspetto materiale, ma si è esteso all'ascolto e alla vicinanza. Ha amato la vita, in tutte le sue forme, la bellezza, le amicizie, la montagna e la natura, quasi un riflesso della sua stessa fede; persino la scelta di studiare ingegneria mineraria ha avuto origine proprio dal desiderio di essere ancor più vicino alle categorie più emarginate, come quella dei minatori. Giovanni Paolo II lo ha scelto come patrono delle Giornate Mondiali della Gioventù (GMG) proprio per il suo esempio di vita quotidiana ispirata ai valori cristiani e dell'amore per Dio e per il prossimo che trasforma una vita “ordinaria” in qualcosa di straordinario, offrendo un modello di santità accessibile a tutti, in particolare ai giovani. È stato questo il messaggio conclusivo della relazione, consegnato alle confraternite dalla dott.ssa Borrelli, quale sintesi del raduno. L’evento mi è particolarmente caro perché faccio parte, da oltre quindici anni, della Confraternita del SS. Sacramento di Modugno e, ogni volta che vi prendo parte, avverto una grande emozione, soprattutto nell'ammirare l'esplosione di colori delle storiche divise e degli stendardi, che invadono silenziosamente la città, individuata di volta in volta dalla Diocesi per l’appuntamento annuale. Colori vivaci scandiscono nel tempo la presenza viva di tutte le confraternite, ciascuna con la propria storia e la propria identità, provenienti anche da paesi lontani, per testimoniare la gioia dell’aggregazione: “nessuno è cristiano da solo”.
Come spiegato da papa Leone XIV, nel discorso ai Moderatori dell’associazione di fedeli (Roma, Sala Clementina 6 giugno 2025), la vita cristiana non si vive nell’isolamento, come fosse una semplice esperienza personale, ma in gruppo, proprio “perché Cristo risorto si è reso presente fra i discepoli che erano riuniti nel suo nome” e, in tale contesto, la confraternita offre lo spazio giusto per la formazione comune, la preghiera, la riflessione e il confronto, insomma per vivere al meglio la propria dimensione cristiana, con impegno e soprattutto con coerenza.
Le confraternite, fin dal Medioevo, hanno avuto importanza storica e spirituale ed hanno svolto un ruolo fondamentale nella promozione della pietà popolare e nella solidarietà verso i bisognosi, essendo radicate nella fede in Cristo. Ma oggi non possono essere considerate alla stregua di associazioni onlus, poiché sono vere comunità che vivono il Vangelo attraverso l'amore per Dio e per il prossimo.
La conoscenza della vita dei Santi, dei quali ciascuna Confraternita porta l’intitolazione, è l’opportunità per ispirarsi alla loro vita, per contestualizzare il Vangelo nella quotidianità, diventando così fermento spirituale nella società, perché è anche merito delle confraternite se tante persone si sono avvicinate a Cristo, per accrescere la loro fede mediante la Chiesa. È fondamentale però che le confraternite riconoscano i cambiamenti in atto e adottino nuove forme di evangelizzazione, inclusi i canali digitali, per coinvolgere soprattutto i giovani. È necessario ridefinire il loro ruolo nella società e nella Chiesa, intervenendo in tutte le aree di povertà per supportare i più vulnerabili e alleviare il disagio sociale ed economico.

L'obiettivo è andare oltre la mera partecipazione alle processioni, per renderle protagoniste, con slancio missionario, nella condivisione dei valori cristiani coniugando misericordia e solidarietà.
Una proposta concreta potrebbe essere la creazione di un Consiglio di coordinamento delle confraternite di Modugno, con presidenza a rotazione e sotto la guida del Padre spirituale. Questo permetterebbe di promuovere e coordinare iniziative di pietà popolare e carità, affrontando più efficacemente le urgenze collettive e rispondendo alle nuove esigenze sociali della nostra città. Solo attraverso un impegno costante e una visione condivisa, le confraternite potranno trasformare le sfide in opportunità di crescita e di servizio, rimanendo sempre fedeli al messaggio di amore e unità che sono chiamate a diffondere.